SICUREZZA LAVORO

Attacco informatico ad Unicredit. Oltre 400.000 le “vittime” | Sicurezza istituti bancari

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Attacco informatico ad Unicredit. Oltre 400.000 le “vittime”

Sicurezza istituti bancari

UN ATTACCO INFORMATICO ALL’ISTITUTO DI CREDITO UNICREDIT STA FACENDO TREMARE IL MONDO DELLA CYBERSECURITY BANCARIA. VEDIAMO COSA FARE PER DIFENDERCI.

Nel mese di luglio Unicredit, uno dei gruppi bancari più grandi in Italia, ha subito un duro attacco informatico che ha portato alla violazione degli account di circa 400.000 persone. Questi attacchi, secondo quanto dichiarato dalla stessa banca, non dovrebbero permettere il prelievo di denaro dai conti corrente.

Secondo il report di Unicredit registrato tra Giugno e Luglio 2017 è il secondo attacco avvenuto negli ultimi 12 mesi. I primi attacchi sarebbero avvenuti tra Settembre e Ottobre 2016 quando degli hacker avrebbero colpito i conti corrente della succitata banca.

La banca si è affrettata a rassicurare i propri correntisti che il furto dei dati non compromette la sicurezza dei loro risparmi. Secondo la banca i dati violati coinvolgerebbero solo le informazioni riguardanti le richieste di mutuo ma la Polizia Postale ha comunque deciso di aprire un indagine per verificare i reali danni provocati dall’attacco.

Ciò che fa pensare di questo attacco è che la stessa Banca ha investito oltre 2 miliardi di euro per il miglioramento della cybersecurity da qui al 2019 con un piano volto sia al rinnovamento degli strumenti informatici utilizzati sia alla realizzazione di un sistema avanzato di sicurezza informatica. Quello che però emerge è che la vera mancanza è nel personale che utilizza gli strumenti. Una maggiore consapevolezza che in ogni momento può accadere un attacco informatico aiuterebbe ad avere comportamenti più corretti.

In Gran Bretagna i maggiori istituti bancari hanno stretto un’alleanza che sotto alcuni aspetti richiama i principi della NATO: se uno degli istituti aderenti viene colpito da un attacco è come se fossero stati attaccati tutti gli aderenti.

L’alleanza, chiamata Cyber Defence Alliance è stata fondata due anni fa in tutta segretezza da Barclay, Standard Chartered, Deutsche Bank e Banco Santander, l’intesa si è poi allargata a Bank of Ireland, Allied Irish Banks, Lloyds Banking Group e Metro Bank. Di fatto la Cda è un accordo per lavorare congiuntamente agli investigatori, con tecniche basate soprattutto sul software.

Gli istituti bancari, se vengono attaccati, intervengono per scoprire il più rapidamente possibile i responsabili e monitorando in particolar modo eventuali trasferimenti di denaro. Infatti movimenti anomali, se avvenuti all’interno dei confini nazionali, sono facilmente intercettabili mentre se il denaro viene trasferito in conti esteri diventa quasi impossibile poi rintracciarlo.

Il caso UniCredit ha messo in luce le possibili debolezze dei sistemi informatici degli istituti bancari che, più di altre attività, richiedono una maggiore attenzione alla sicurezza informatica. In ogni caso vi riportiamo alcuni consigli che sono validi sia per questo attacco informatico sia per eventi futuri non solo ai sistemi bancari ma anche ad account social o altri servizi vittime di violazioni:

  1. Attenti al phishig

Non accedete ad alcun sito, anche se a voi noto, cliccando da un indirizzo elettronico ricevuto via e-mail. Potrebbe essere un’e-mail contraffatta con grafica e logo della ditta e/o banca a voi nota che vi chiede di riassumere dati personali o vi  rimanda ad una finta pagina web del tutto simile all’originale.

  1. Verificate gli indirizzi

Non rispondete mai ad e-mail senza aver prima verificato l’indirizzo di provenienza. Non basta, infatti, che il nome dell’utente corrisponda.

  1. Non scaricate allegati

Mai aprite allegati senza aver prima accertato l’effettiva provenienza dell’e-mail che li accompagna.

  1. Non spedite dati riservati

Non spedite mai online nome, indirizzo, telefono, età e altri dati personali ad indirizzi e-mail di persone ignote e mittenti sconosciuti.

  1. Non mandate il numero della carta d’identità

Non date mai online a nessuno, neanche a persone note, il vostro numero di codice fiscale, il luogo e la data di nascita o il numero della carta d’identità.

  1. Cercate il lucchetto

Verificate se il sito della vostra banca è protetto. I siti delle banche, quando si accede al proprio conto, devono essere protetti da sistemi di sicurezza internazionali come Ssl e Set: sono riconoscibili dal simbolo di un lucchetto chiuso visibile nella barra di indirizzo.

  1. Cambiate la password

Periodicamente, meglio ogni tre mesi, è opportuno modificarla. Prima di effettuare la variazione, controllate se il sito è in connessione cifrata “Ssl”. Usate password con un minimo di dieci caratteri, con combinazioni di numeri e lettere, maiuscole e minuscole e almeno un carattere speciale, tipo virgola, punto e virgola o due punti. Il proprio nome con l’aggiunta di un numero, magari la propria data di nascita, è decisamente da evitare. Mai codici, insomma, con propri dati personali. Nemmeno le sequenze di tasti, tipo asdf, qwerty e 1234, sono sicure. Non utilizzare, infine, le stesse password per più account. Non lasciare le password scritta in posti raggiungibili da altri. Meglio memorizzarle.

  1. Controllate l’estratto conto

Dopo aver fatto un acquisto, pagato con carte di credito o bancomat, non sarebbe male controllare sistematicamente i successivi estratti conto.

  1. Fate gli aggiornamenti periodici

Utilizzare software e browser completi e rinnovati: il primo passo per la sicurezza è avere un buon antivirus aggiornato. Per una maggiore sicurezza online, inoltre, è necessario aggiornare all’ultima versione disponibile il browser utilizzato per navigare.

  1. Non eseguite download

Non scaricate nulla e non installate programmi da siti che non siano sicuramente affidabili.

 

A cura di Alberto Faggionato – Responsabile Informatico Fondazione Asso.Safe

Effetti del demansionamento del dipendente | Corsi sicurezza Dalmine

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Effetti del demansionamento del dipendente

Corsi sicurezza Dalmine

I Giudici di legittimità, Sezione Lavoro, si sono pronunciati, con sentenza 20123/2017, in merito alla vicenda di due lavoratori licenziati illegittimamente.

I due, impugnando il predetto provvedimento, avevano ottenuto il diritto al reintegro nel posto di lavoro, al quale il datore aveva tuttavia dato seguito con largo ritardo. Inoltre il datore, adducendo una importante riorganizzazione aziendale, avvenuta successivamente all’impugnato licenziamento, aveva assegnato i lavoratori a mansioni inferiori a quelle svolte dagli stessi in precedenza, in quanto le stesse non risultavano più disponibili al momento del reintegro dei dipendenti.

Tale condotta appare sicuramente censurabile ed illegittima, ed origina in capo al lavoratore demansionato il diritto al risarcimento del danno.

Il datore difatti, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio nei confronti dei dipendenti, avrebbe dovuto dimostrare non solo che il riassetto organizzativo abbia di fatto eliminato alcune mansioni, bensì che tali mansioni siano state eliminate per cause a lui non imputabile. Ma soprattutto, il datore deve provare la impossibilità di assegnare il lavoratore a mansioni alternative ed equivalenti a quelle svolte in precedenza; a mente dell’art. 2103 c.c., infatti, “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte”. Il dipendente dunque non può essere ragionevolmente chiamato a sopportare le conseguenze delle sorti aziendali, laddove risultino per lui pregiudizievoli.

Sulla scorta delle citate considerazioni, pertanto, in difetto di mancato assolvimento dell’onere della prova -da parte del datore- nei termini suddetti, allo stesso incombe l’onere del risarcimento del danno patito dal lavoratore per l’avvenuto demansionamento.

Danno da amianto e responsabilità del datore di lavoro | Corso Primo Soccorso Bergamo

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Danno da amianto e responsabilità del datore di lavoro

Corso Primo Soccorso Bergamo

Il Giudice di Legittimità, Sezione Lavoro, si è espresso, a mezzo della sentenza 19270/2017, in materia di danno da amianto patito dal lavoratore.

La pronuncia merita un approfondimento, anche in considerazione del fatto che usualmente è il Giudice Penale che viene investito della questione, derivando sovente dalla esposizione a materie tossiche e nocive una lesione fisica al lavoratore, o, nei casi più gravi, la morte.

Nei giudizi civili fulcro della valutazione è il nesso eziologico tra l’ambiente lavorativo e la malattia o morte del lavoratore. In particolare, rispetto all’ambito penale, il nesso causale che deve essere accertato appare meno rigoroso, essendo richiesto, al fine dell’accoglimento della domanda di risarcimento del danno proposta dall’interessato o dai di lui eredi, un qualificato grado di probabilità che il morbo ovvero il decesso siano da imputare all’attività lavorativa svolta in ambiente insalubre (ex multis, Cass. Sez. Lav., 18246/2009).

La sentenza in commento, conformandosi ai principi di diritto dominanti sul punto, evidenzia che l’accertamento dell’esposizione -da parte del lavoratore- ad un ambiente in cui sono presenti polveri di amianto, è sufficiente a fondare una pronuncia di condanna nei confronti del datore, con relativo accoglimento della domanda di risarcimento danno ai sensi dell’art. 2087 c.c., norma che come noto impone all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie alla salvaguardia dell’integrità fisica del lavoratore.

Nel caso in esame è stato appurato che il lavoratore, deceduto per carcinoma polmonare, soffriva di precedente patologia polmonare ed era fumatore, cause sicuramente idonee a cagionare l’insorgenza del cancro; ancora, a mezzo CTU è stato accertato che l’esposizione ad amianto non poteva essere la causa esclusiva del carcinoma. Tuttavia, secondo la S.C., il solo aumento della probabilità di contrarre la malattia per esposizione a sostanze nocive è già di per sé solo meritevole di tutela, quale causa altamente probabile del morbo. Secondo tale esegesi, non possono che conseguirne la prova sufficiente del nesso causale tra attività lavorativa e malattia, la responsabilità del datore per non avere impedito il fatto -essendo la pericolosità dell’amianto nota da decenni- nonchè il diritto degli eredi al risarcimento del danno.

Cancellazione di società di capitali e debiti sociali | Responsabile sicurezza Bergamo

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Cancellazione di società di capitali e debiti sociali

Responsabile sicurezza Bergamo

La giurisprudenza di legittimità è tornata recentemente a pronunciarsi, con diverse sentenze, in merito alla cancellazione delle società di capitali, con particolare riguardo alla sorte dei debiti sociali pendenti.

A mente dell’art. 2495 c.c., difatti, dopo la cancellazione della società di capitali “i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione”. Secondo il dettato normativo pertanto, solo nella eventualità che i soci abbiano riscosso un qualunque importo a seguito dello scioglimento, possono essere chiamati a rispondere nei limiti di detta cifra.

La giurisprudenza maggioritaria da tempo si è mostrata in linea con l’esplicita intenzione del legislatore (ex multis Cass., 2444/2017).

Una voce fuori dal coro invero è rappresentata dalla sentenza 9094/2017, sempre emanata della Suprema Corte, secondo la quale i soci succedono alla società nei debiti pregressi, indipendentemente dalla riscossione o meno del riparto in sede di bilancio finale, con conseguente interesse ad agire del creditore insoddisfatto, per vedere riconosciuto il proprio diritto e dimostrare l’esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio finale di liquidazione.

Tale esegesi sembra tuttavia destinata a rimanere una interpretazione piuttosto isolata sul punto; difatti la Corte di Cassazione è tornata nuovamente in argomento, precisando che solo e soltanto laddove il creditore (ex art. 2697 c.c.) dimostri che vi sia stato un attivo da liquidare, ripartito tra i soci, egli possa rivalersi sui predetti, che assurgono quindi a legittimati passivi in sede di contenzioso.

Divieto di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope | Consulente DVR Brescia

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Divieto di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope

Consulente DVR Brescia

I lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi, non possono assumere sostanze stupefacenti e psicotrope mai, in nessun caso, anche fuori dall’orario di lavoro.

A tale proposito i datori di lavoro, in collaborazione col medico competente sono obbligati a effettuare accertamenti sanitari volti ad accertare l’assenza di assunzione di tali sostanze.

L’accordo Stato Regioni (rep. atti n. 178 del 18/09/2008) definisce le indicazioni operative che la Regione Lombardia (Giunta Regionale Direzione Generale Sanità del 22/01/2009, protocollo H1.2009.0002333) ha adottato per la verifica dell’assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi.

L’azienda deve elaborare un documento aziendale dedicato che definisce, oltre che le procedure di applicazione della normativa nelle aziende, anche le azioni preventive, promozionali ed educative con riferimento ai rischi connessi all’impiego di sostanze stupefacenti o psicotrope nell’espletamento di mansioni a rischio, anche in relazione al fenomeno degli infortuni stradali in itinere.

Tale documento è parte del documento di valutazione dei rischi, deve essere condiviso con le rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza e deve essere presentato a tutti i lavoratori adibiti a mansioni pericolose.

Il datore di lavoro fornisce al medico competente l’elenco dei nominativi dei lavoratori da sottoporre agli accertamenti in base alla lista delle mansioni descritte in Allegato I al Provvedimento n. 99/CU del 30 ottobre 2007; tale verifica deve essere effettuata per tutti i lavoratori e successivamente, periodicamente, con scadenza annuale.

La lista dei lavoratori deve essere tempestivamente aggiornata tenendo conto dei nuovi assunti, dei soggetti che hanno cessato di svolgere mansioni a rischio, che debbono essere stornati, dei lavoratori che, inizialmente assunti con altre mansioni, sono stati in tempi successivi adibiti alle mansioni a rischio.

L’elenco dei nominativi dei lavoratori da sottoporre agli accertamenti in base alla lista delle mansioni descritte nell’Allegato I deve tenere conto dell’effettivo impiego dei lavoratori nelle singoli mansioni a rischio elencate. Ciò non può prescindere quindi da una rigorosa definizione delle procedure organizzative da parte del Datore di Lavoro stesso, ad esempio: macchine operatrici, carrelli elevatori, piattaforme auto sollevanti, gru e autogrù, devono essere utilizzati solo da personale autorizzato e adeguatamente formato.

ALLEGATO – I: MANSIONI CHE COMPORTANO PARTICOLARI RISCHI PER LA SICUREZZA, L’INCOLUMITA’ E LA SALUTE DEI TERZI

1) Attività per le quali e’ richiesto un certificato di abilitazione per l’espletamento dei seguenti lavori pericolosi:

  1. a) impiego di gas tossici (art. 8 del regio decreto 1927, e successive modificazioni);
  2. b) fabbricazione e uso di fuochi di artificio (di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635) e posizionamento e brillamento mine (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302);
  3. c) direzione tecnica e conduzione di impianti nucleari (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1450, e s.m.i.).

2) Mansioni inerenti le attività di trasporto:

  1. a) conducenti di veicoli stradali per i quali e’ richiesto il possesso della patente di guida categoria C, D, E, e quelli per i quali e’ richiesto il certificato di abilitazione professionale per la guida di taxi o di veicoli in servizio di noleggio con conducente, ovvero il certificato di formazione professionale per guida di veicoli che trasportano merci pericolose su strada;
  2. b) personale addetto direttamente alla circolazione dei treni e alla sicurezza dell’esercizio ferroviario che esplichi attività di condotta, verifica materiale rotabile, manovra apparati di sicurezza, formazione treni, accompagnamento treni, gestione della circolazione, manutenzione infrastruttura e coordinamento e vigilanza di una o più attività di sicurezza;
  3. c) personale ferroviario navigante sulle navi del gestore dell’infrastruttura ferroviaria con esclusione del personale di camera e di mensa;
  4. d) personale navigante delle acque interne con qualifica di conduttore per le imbarcazioni da diporto adibite a noleggio;
  5. e) personale addetto alla circolazione e a sicurezza delle ferrovie in concessione e in gestione governativa, metropolitane, tranvie e impianti assimilati, filovie, autolinee e impianti funicolari, aerei e terrestri;
  6. f) conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di altri veicoli con binario, rotaie o di apparecchi di sollevamento, esclusi i manovratori di carri ponte con pulsantiera a terra e di monorotaie;
  7. g) personale marittimo di prima categoria delle sezioni di coperta e macchina, limitatamente allo Stato maggiore e sottufficiali componenti l’equipaggio di navi mercantili e passeggeri, nonché il personale marittimo e tecnico delle piattaforme in mare, dei pontoni galleggianti, adibito ad attività off-shore e delle navi posatubi;
  8. h) controllori di volo ed esperti di assistenza al volo;
  9. i) personale certificato dal registro aeronautico italiano;
  10. l) collaudatori di mezzi di navigazione marittima, terrestre ed aerea;
  11. m) addetti ai pannelli di controllo del movimento nel settore dei trasporti;
  12. n) addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci (carrelli elevatori).

3) Funzioni operative proprie degli addetti e dei responsabili della produzione, del confezionamento, della detenzione, del trasporto e della vendita di esplosivi.

PROCEDURE PER GLI ACCERTAMENTI SANITARI DI ASSENZA DI TOSSICODIPENDENZA O DI ASSUNZIONE DI SOSTANZE STUPEFACENTI O PSICOTROPE NEI LAVORATORI

(Intesa Conferenza Unificata, seduta del 30 ottobre 2007, ai sensi dell’art. 8, c. 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131)

 

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