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Cancellazione di società di capitali e debiti sociali

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La giurisprudenza di legittimità è tornata recentemente a pronunciarsi, con diverse sentenze, in merito alla cancellazione delle società di capitali, con particolare riguardo alla sorte dei debiti sociali pendenti.

A mente dell’art. 2495 c.c., difatti, dopo la cancellazione della società di capitali “i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione”. Secondo il dettato normativo pertanto, solo nella eventualità che i soci abbiano riscosso un qualunque importo a seguito dello scioglimento, possono essere chiamati a rispondere nei limiti di detta cifra.

La giurisprudenza maggioritaria da tempo si è mostrata in linea con l’esplicita intenzione del legislatore (ex multis Cass., 2444/2017).

Una voce fuori dal coro invero è rappresentata dalla sentenza 9094/2017, sempre emanata della Suprema Corte, secondo la quale i soci succedono alla società nei debiti pregressi, indipendentemente dalla riscossione o meno del riparto in sede di bilancio finale, con conseguente interesse ad agire del creditore insoddisfatto, per vedere riconosciuto il proprio diritto e dimostrare l’esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio finale di liquidazione.

Tale esegesi sembra tuttavia destinata a rimanere una interpretazione piuttosto isolata sul punto; difatti la Corte di Cassazione è tornata nuovamente in argomento, precisando che solo e soltanto laddove il creditore (ex art. 2697 c.c.) dimostri che vi sia stato un attivo da liquidare, ripartito tra i soci, egli possa rivalersi sui predetti, che assurgono quindi a legittimati passivi in sede di contenzioso.