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Obbligo di partecipazione ai programmi di formazione ed addestramento | Corso Sicurezza Lavoro Treviglio

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Obbligo di partecipazione ai programmi di formazione ed addestramento

Corso Sicurezza Lavoro Treviglio

Il Decreto Legislativo n. 81 del 2008 all’articolo 20 – Obblighi dei lavoratori – non presenta novità sostanziali rispetto all’articolo 5 dell’abrogato Decreto Legislativo n. 626 del 1994, fatta salva l’esplicitazione alla lettera h) dell’obbligo (prima implicito) del lavoratore di partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro.

Nell’elencazione degli obblighi si dà rilevanza alla collaborazione prevenzionale: i lavoratori devono contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (art. 20, c. 2, lett. a).

Il D. Lgs. 81/2008 pone in effetti al centro della strategia prevenzionistica l’obbligo formativo, informativo e di addestramento; il D. Lgs. 106/2009 ha potenziato tali obblighi in modo incisivo, definendone analiticamente contenuti e modalità e individuando negli accordi Stato-Regioni lo strumento di attuazione completa del dettato normativo.

L’articolo 59 dello stesso D. Lgs. 81/2008 riporta le sanzioni previste per i lavoratori in caso di violazione dell’art. 20: se il lavoratore non partecipa ai programmi di formazione organizzati dal datore di lavoro rischia la sanzione penale dell’arresto fino a un mese o l’ammenda da 219,20 a 657,60 euro.

Un concetto importante enunciato da autorevoli fonti è che le norme di sicurezza dettate a tutela dell’integrità fisica del lavoratore vanno attuate anche contro la volontà del lavoratore stesso, sicché risponde della loro violazione il datore di lavoro che non esplichi la sorveglianza necessaria alla rigorosa osservanza delle norme medesime (Cassazione penale, sez. V, 10/10/1978, Perani e altro). E ciò in base al “più generale dovere di diligenza che il prestatore di lavoro deve osservare nello svolgimento delle mansioni, adeguandosi alle disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai suoi collaboratori (art. 2104 Codice Civile)”.

 

Articolo 20 . Obblighi dei lavoratori

  1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
  2. I lavoratori devono in particolare:
  3. a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
  4. b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
  5. c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e, nonché i dispositivi di sicurezza;
  6. d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
  7. e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
  8. f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
  9. g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
  10. h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
  11. i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
  12. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

Articolo 59 . Sanzioni per i lavoratori

  1. I lavoratori sono puniti:
  2. a) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 219,20 a 657,60 euro per la violazione degli articoli 20, comma 2, lettere b), c), d), e), f), g), h) e i), e 43, comma 3, primo periodo;
  3. b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 54,80 a 328,80 euro per la violazione dell’articolo 20 comma 3.

 

Solo la coordinazione tra mezzi e uomini può limitare i danni in caso di incendio | Corso Addetto Antincendio Bergamo

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Solo la coordinazione tra mezzi e uomini può limitare i danni in caso di incendio

Corso Addetto Antincendio Bergamo

Nel corso degli ultimi 20 anni le opere relative all’incremento dei livelli di sicurezza antincendio hanno avuto, nel nostro paese, un netto miglioramento, grazie alla maggior conoscenza diffusa, alle procedure più dedicate alla dimostrazione delle prestazioni e, più recentemente, all’entrata in vigore del DPR 151.

La gestione della sicurezza in genere e della sicurezza antincendio in particolare dovrà adesso assumere importanza via via maggiore, con il crescere la consapevolezza, negli operatori, della sua funzione essenziale per il conseguimento di un accettabile livello di sicurezza.

Negli anni scorsi un’intensa attività è stata dedicata, da tutti gli operatori, al miglioramento del processo di realizzazione di quelle che possiamo definire come “le opere” finalizzate al conseguimento di un certo livello di sicurezza antincendio di un insediamento. Con il termine opere intendiamo le realizzazioni umane in generale e quindi esse includono le strutture, le finiture, gli elementi di separazione e compartimentazione, ma anche gli impianti ed i sistemi di controllo ed informazione in genere, aventi finalità di miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio. Non esistono più realizzazioni in questo campo che non siano svolte “in osservanza” ad una normativa tecnica riconosciuta (nazionale, europea od internazionale che sia), non si pone il problema della messa in opera di una struttura o di un impianto “ad muzzum” come prima accadeva, e soprattutto le opere sono tutte corredate di documentazioni e certificazioni di rispondenza o conformità la cui diffusione è ormai generalizzata.

Certo si dirà, questo è vero in un mondo ideale, perché ancora oggi in tanti casi la ricerca della “famigerata documentazione“ per la presentazione della SCIA, ad esempio, può rappresentare per molti professionisti del settore antincendio un percorso lungo ed irto di ostacoli. Ma quello che si vuole dire è che la consapevolezza della necessità di aderenza ad una norma tecnica riconosciuta nella realizzazione e la necessità di documentare e certificare quello che si realizza è ormai condivisa, sebbene poi ci siano quelli che non lo fanno, pensando così di essere più “bravi” degli altri, come purtroppo accade sin troppo spesso per il rispetto delle regole nel nostro paese.

Anche a livello di controllo, le nostre istituzioni rappresentate in questo campo dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, hanno fatto dei notevoli passi avanti e la verifica delle opere tramite la verifica delle documentazioni ad esse relative, è diventata più efficace e puntuale, ponendo sempre più quelli “bravi” di cui si diceva prima, nella condizione di doversi ricredere circa la loro presunta bravura.

Quello che vogliamo dire è che, se pure con tutti i difetti  propri della nostra realtà tecnica e professionale, la situazione in materia di realizzazioni finalizzate al miglioramento della sicurezza antincendio ha fatto passi avanti notevoli e si sono poste le basi per un miglioramento continuo della qualità delle realizzazioni man mano che la consapevolezza e la preparazione degli operatori migliorerà.

Vorremmo poter dire che la stessa consapevolezza sul fatto  che la sicurezza contro l’incendio e contro i maggiori eventi catastrofali in genere si gioca soprattutto sulle modalità di gestione si sia diffusa analogamente fra gli operatori e fra le autorità che di questo si occupano, ma penso che quest’affermazione sia meno sostenibile al momento.

Dovrebbe esistere, soprattutto negli utenti, la consapevolezza che gli incendi che producono i danni maggiori sono quelli che si verificano in concomitanza con tutta una serie di condizioni sfavorevoli, che non solo non contribuiscono a ridurre la possibilità che l’incendio si verifichi, ma soprattutto impediscono ai sistemi predisposti per il suo controllo di operare correttamente, trasformando un evento che potrebbe risolversi in un successo dei sistemi antincendio e delle squadre di emergenza in un evento a grande impatto catastrofico.

Gli esempi che si registrano ormai sempre più frequentemente di grandi calamità naturali dovute a eventi atmosferici sempre più estremi insegnano come solo un’attenta attività di monitoraggio delle condizioni “al contorno” possa aiutare a ridurre le conseguenze di eventi che non è nelle nostre facoltà evitare in alcun modo.

La ratio di questa impostazione richiede uno sforzo che potremmo definire “culturale” nel nostro paese, con l’affermazione che non è tanto o solo l’incendio che si deve prevenire, ma sono soprattutto i sistemi e l’organizzazione in grado di contrastarne lo sviluppo e la propagazione che devono essere efficienti ed efficaci in modo da far sì che l’eventuale incendio, quand’anche si verifichi, possa essere controllato e ridotto nelle sue conseguenze ad un livello accettabile per l’attività in esame.

È questa un’impostazione che difficilmente riesce a fare breccia nelle nostre consuetudini sempre interessate  a ricercare soprattutto le cause che hanno dato luogo all’evento, anche con grande dispendio di energie, invece che ricercare i motivi per cui quell’evento, per il controllo del quale erano con ogni probabilità, stati predisposti grandi mezzi di contenimento e controllo, ha potuto svilupparsi senza essere né limitato né controllato.

Nella nostra cultura la ricerca delle cause serve a dare motivazione all’accaduto, il cui mancato controllo è, come  dire, “…una cosa che succede!”; nella cultura tipicamente calvinista delle società anglosassoni l’incendio che avviene fa semplicemente quello che si suppone che faccia; devono essere i sistemi di controllo che devono operare correttamente! È come dire che noi cerchiamo l’impianto elettrico guasto o la cicca di sigaretta dell’anonimo passante quando analizziamo un incendio avvenuto, gli anglosassoni cercano soprattutto il progettista dell’impianto sprinkler, ove presente, o il costruttore del muro tagliafuoco, per capire se c’era qualcosa di sbagliato nei sistemi di controllo che non hanno fatto il loro dovere.

Le misure preventive a livello di organizzazione.

La prevenzione incendi, e la prevenzione dei danni in genere, è sempre fatta da misure preventive, atte ad evitare l’evento, e misure protettive, atte a contenerne gli effetti. Sulle misure di protezione ha tradizionalmente fatto la parte del leone l’impiantistica e le modalità di costruzione, con installazione di impianti di rilevazione ed allarme e di lotta  contro l’incendio e con la costruzione di strutture di sostanziale resistenza in caso d’incendio.

Ben presto però si è potuto constatare che anche le misure di protezione più sofisticate richiedono un notevole sforzo organizzativo, perché possano sortire il loro effetto di controllo; le misure organizzative vanno infatti dalla immediata gestione dei sistemi di controllo, nel momento in cui essi devono entrare in funzione, alla preventiva manutenzione e verifica dei sistemi stessi nelle fasi in cui non devono operare. La questione della disponibilità dei sistemi antincendio e dei sistemi di sicurezza in genere, è stata più volte trattata, quando si parla di manutenzione dei sistemi di sicurezza, ed è il mantenimento della disponibilità a valori il più possibile prossimi all’unità che viene richiesto per gran parte di essi.

Ma non si deve pensare che l’installazione di misure di protezione attive e passive a regola d’arte e la loro regolare manutenzione siano tutto quanto richiesto per la massimizzazione della probabilità che i suddetti sistemi operino bene in caso di evento accidentale dannoso.

Vi è poi anche una gestione “quotidiana” dell’organizzazione, che deve essere tenuta in conto, con una serie di variabili anche minori, ma che possono avere comunque un grande effetto, che devono essere monitorate per avere la massima prestazione attesa dai sistemi di sicurezza. E vi è soprattutto  la gestione dei sistemi in emergenza che ne può esaltare le prestazioni, se corretta, o vanificarne la funzione se sbagliata o intempestiva.

E si badi, qui non si parla di squadre di emergenza attrezzate per la lotta contro l’incendio anche nelle condizioni più difficili; la squadra di emergenza numerosa ed in grado di intervenire su un effettivo incendio oltre le primissime  fasi è un tipo di organizzazione che solo alcune realtà di grandi dimensioni e complessità si possono permettere. No, noi qui parliamo dell’organizzazione minima che qualsiasi insediamento deve predisporre, specie in tutti quei casi in cui si ha presenza di pubblico, come negli alberghi, nei luoghi espositivi, nei locali di spettacolo, nei negozi e nei grandi magazzini in genere, ecc…

Si tratta di un’organizzazione minima che deve saper fare  due cose essenziali:

  • Guidare i presenti verso le uscite, assistendo chi ne avesse eventualmente bisogno;
  • Governare i sistemi di sicurezza presenti fino all’arrivo e durante l’azione dei vigili del fuoco professionali che intervengono, nell’arco di pochi minuti all’evento.

Guidare i presenti verso le uscite rimane certamente la funzione più importante, perché deve svolgersi nei primissimi minuti, e quindi spesso ben prima dell’arrivo dei VVF. È infatti risaputo che le persone presenti in un’attività generica in veste di “persone sveglie non a conoscenza dei luoghi” o peggio ancora di “persone che possono dormire, non a conoscenza dei luoghi” come abbiamo imparato a classificare le persone secondo il Codice di Prevenzione Incendi, non si avviano verso le uscite di emergenza a meno di essere così istruite dal personale allo scopo formato – almeno fino a che le condizioni di sicurezza non precipitano… ma a quel punto è probabilmente troppo tardi! E    quindi il primo e più importante organismo di emergenza da costituire e formare è la squadra di assistenza all’esodo degli occupanti, tarata ovviamente sulle caratteristiche dell’insediamento e della tipologia di persone ivi presenti.

La gestione dei sistemi di sicurezza potrebbe essere considerata di minore importanza, e forse lo è in quanto ha a che fare con la salvaguardia principalmente dell’insediamento stesso più che delle persone presenti. Ma la funzione è importante in ogni caso e deve essere predisposta per tempo perché altrimenti anche l’intervento dei VVF professionali non potrà essere così efficace come potrebbe. Si intende per gestione dei sistemi di sicurezza tutto quello che va dal momento in cui si attiva un allarme, al momento in cui l’emergenza è dichiarata finita! E comprende il funzionamento dei sistemi antincendio in genere, la conoscenza dei sistemi di interblocco e sgancio eventualmente presenti (sgancio energia, blocco ventilazioni, ecc…), l’avvio di eventuali sistemi  accessori di sicurezza quali i sistemi di ventilazione meccanica dei fumi, l’apertura o meno di eventuali sistemi di evacuazione di fumo in maniera manuale, od anche solo l’apertura o chiusura di porte e finestre, ove necessario, la conoscenza dei luoghi che trasforma la quadra di emergenza negli “occhi” dei pompieri, che a quel punto si possono muovere molto più celermente e con sicurezza nell’insediamento, ottenendo risultati ben migliori, ecc…

È chiaro che le suddette attività sono importanti, ma dovrebbe essere altrettanto chiaro che esse non possono essere avviate all’occorrenza, ma devono essere organizzate e costantemente condotte e verificate per poter sperare che siano efficaci nel momento, per fortuna raro del bisogno! Se no facciamo come quel signore che, alla domanda sul perché lui non metteva la cintura di sicurezza in macchina, rispose che l’avrebbe messa subito, in caso di necessità!

A cura di Luciano Nigro – Presidente di Eurofen

La formazione come mezzo di rilancio aziendale | Corsi Formazione Bergamo

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La formazione come mezzo di rilancio aziendale

Corsi Formazione Bergamo

Con l’intervista al Dott. Giovanni Samele prosegue la nostra carrellata di domande rivolte agli aderenti al Network della Fondazione Asso.Safe, i cui Centri sono sedi di diretta emanazione dell’Associazione Datori di Lavoro Italiani (ADLI). I responsabili dei Centri di Formazione per i ruoli che ricoprono, per le capacita e per le esperienze professionali, possono darci delle utili indicazioni sul presente e futuro del Network e sul lavoro che ADLI svolge su tutto il territorio nazionale per  il loro tramite.

Buongiorno Dott. Samele, la tua azienda fa parte del  network Asso.Safe, ci puoi raccontare com’è nata questa collaborazione e come si sono sviluppate le sue attività sul territorio?

Faccio questa professione da più di tre anni e ho sempre fatto formazione senza avvalermi di nessuna associazione. Nel novembre dello scorso anno, confrontandomi con un collega, venni a conoscenza di Asso.Safe: mi disse che lui effettuava formazione tramite la vostra collaborazione e la cosa mi sembrò interessante. Da allora ho svolto più di 130 ore di formazione con ADLI.

Cosa significa, per l’agenzia che rappresenti, essere sede territoriale ADLI?

Significa non solo avere il dovere di svolgere il proprio lavoro con attenzione e scrupolo, ma anche la responsabilità di rappresentare sul territorio bergamasco un Ente nazionale di rilevanza nel settore.

Ci puoi raccontare la realtà lavorativa del tuo territorio e di come il tuo centro sia in grado di informare e sensibilizzare le aziende  sull’adozione di comportamenti che vadano al di là della mera adesione burocratica alla normativa?

Il mio studio è situato a Dalmine, in provincia di Bergamo, territorio storicamente industriale. La storia economica recente ha segnato profondamente questa realtà andando a compromettere, purtroppo, anche la qualità del lavoro. Il mio compito è anche quello di far capire ai clienti come salute e sicurezza sui luoghi di lavoro non debbano essere visti come un mero obbligo normativo ma debbono invece essere un importante mezzo di rilancio nel mercato attuale dove la qualità di ciò che si fa è sempre più fondamentale.

Lo spirito che anima gli aderenti al network della Fondazione Asso.Safe è quello del “lavorare con” invece del “lavorare per”. Ci puoi spiegare come questa metodologia di “progettazione partecipata” si sposa con gli intenti del tuo centro?

La mia impostazione lavorativa è sempre stata fondata sulla progettualità e sulla specificazione della formazione. Non  sono mai stato fautore di progetti formativi allargati e, al contrario, ho sempre cercato di proporre corsi impostati  sulle problematiche specifiche della realtà lavorativa analizzata. Solo così, a mio avviso, si può ottenere un grado di attenzione elevato da parte dei corsisti ed infondere in loro la consapevolezza di essere parte attiva nell’organizzazione aziendale.

Lo spirito che anima gli aderenti al network della Fondazione Asso.Safe è quello del “lavorare con” invece del “lavorare per”. Ci puoi spiegare come questa metodologia di “progettazione partecipata” si sposa con gli intenti del tuo centro?

La mia impostazione lavorativa è sempre stata fondata sulla progettualità e sulla specificazione della formazione. Non  sono mai stato fautore di progetti formativi allargati e, al contrario, ho sempre cercato di proporre corsi impostati sulle problematiche specifiche della realtà lavorativa analizzata. Solo così, a mio avviso, si può ottenere un grado di attenzione elevato da parte dei corsisti ed infondere in loro la consapevolezza di essere parte attiva nell’organizzazione aziendale.

Pensi che la valorizzazione delle risorse umane e delle competenze sia oggi una scelta vincente?

In un mercato molto vario ed aperto come quello del nostro settore, composto da professionisti provenienti dai più svariati ambiti, penso che la competenza sia un elemento fondamentale per dei risultati apprezzabili sul lungo periodo.

La Fondazione Asso.Safe, nell’ottica di potenziare le attività dei centri che aderiscono al network, mette a disposizione di voi, professionisti del  settore, una rosa di servizi in  grado di rendervi altamente qualificati, credete che questi servizi vi possano rendere maggiormente competitivi sul mercato attuale?

Avere la possibilità di usufruire di una gamma così ampia di servizi, come quella proposta da Fondazione Asso.Safe, mi ha certamente permesso, nel tempo, di offrire un servizio qualitativamente migliore. La collaborazione è stata percepita dai clienti come un’ulteriore tutela per loro e come una garanzia della qualità del lavoro da me svolto.

La sicurezza in sala operatoria e nelle camere bianche | Corso Sicurezza Lavoro Bergamo

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La sicurezza in sala operatoria e nelle camere bianche

Corso Sicurezza Lavoro Bergamo

REGOLE E PRASSI FONDAMENTALI PER GARANTIRE LA CORRETTA IGIENE NELLE  SALE OPERATORIE. COME VENGONO EVITATI I RISCHI E I PERICOLI NELL’AMBITO SANITARIO.

Le infezioni contratte in sala operatoria costituiscono, ancora oggi, uno dei maggiori problemi della medicina moderna. Esse possono essere superficiali e profonde; queste ultime, in particolare, possono dare origine a complicanze, che talora impongono il re-intervento, od anche originare sepsi in grado di mettere a rischio la vita del paziente. Questi problemi riguardano prevalentemente, se non esclusivamente, la chirurgia toracica e quella ortopedica.

Circa l’entità del fenomeno, la maggior parte degli studi accademici stima un’incidenza dei casi di infezione pari al 2,5- 2,8% di interventi puliti eseguiti (1% per protesi d’anca), incidenza pressoché dimezzata dal ricorso ad una corretta chemioprofilassi.

Molti fattori possono svolgere un ruolo favorente l’infezione del sito chirurgico: la tipologia dell’intervento, l’abilità del chirurgo, l’inserzione di materiale estraneo o di impianti, l’appropriatezza della preparazione all’intervento, la correttezza di dosaggi e tempi della chemioprofilassi, lo stato immunitario del paziente e la contaminazione dell’ambiente operatorio.

Relativamente a quest’ultimo aspetto, l’aria è considerata un fattore di rischio per lo sviluppo di infezioni del sito  chirurgico di relativa importanza di fronte ad altri fattori, per i quali le evidenze scientifiche sono ormai acquisite (comportamento team operatorio, classe dell’intervento, profilassi chirurgica, tecnica dell’intervento e durata, caratteristiche del paziente, sterilizzazione dello strumentario, etc.).

Tuttavia, la qualità dell’aria in sala operatoria è attentamente studiata da molti decenni in relazione al comfort per pazienti ed operatori (temperatura, umidità), al controllo dell’inquinamento da gas anestetici ed alla prevenzione del rischio biologico.

CONTAMINAZIONE AEROPORTATA

L’aria ambientale contiene particelle di dimensioni variabili (dalle frazioni alle molte unità di micron) ed in  concentrazione variabile. Queste quantità aumentano notevolmente all’interno dei locali in relazione alle attività svolte e, in particolare alla presenza umana.

Sorgenti di infezione sono state nel tempo ritenute la flora batterica endogena del paziente o quella esogena presente nell’ambiente della sala operatoria, contaminata dalle fonti di approvvigionamento esterne alla sala oppure correlata a fattori contaminanti interni, come la presenza del personale con la connessa dispersione nell’ambiente di particolati.

Le scaglie cutanee di 5-60 µm, eliminate dalla  cute  del paziente e del team operatorio, trasportano microrganismi in una percentuale variabile da 10/100 a 1/1000. I batteri, dalle superfici cutanee, dalle garze e dall’ambiente sono aerosolizzati e depositati sul paziente, o sulle aree e sugli strumenti sterili.

LINEE GUIDA ISPESL

Le Linee Guida Ispesl raccomandano un programma per assicurare la qualità dell’aria in sala operatoria con controllo che deve essere previsto con cadenza periodica e comunque dopo interventi di manutenzione o ricambio filtri e in occasione di indagini specifiche per esigenze particolari.

Questi controlli possono essere realizzati per valutare la capacità dell’impianto di condizionamento di ottenere condizioni idonee per la sala operatori considerando che il particolato è un “carrier” dei microrganismi eventualmente presenti nell’ambiente.

I prelievi devono essere realizzati da personale competente e formato all’utilizzo dell’apparecchiatura.

prelievo deve essere automatico e deve prevedere una attivazione con ritardo o comandata dall’esterno della sala mediante telecomando al fine di evitare che la presenza dell’operatore durante il prelievo contamini la stessa misura.

COMPITI DELLA SOCIETA’ DI RILEVAZIONE E CERTIFICAZIONE

Le mansioni lavorative previste all’interno di un presidio ospedaliero, a differenza delle normali attività lavorative, comportano una serie di rischi maggiori, per il personale addetto, in considerazione del particolare ambiente che presenta ambiti di tipo biologico, chimico e clinico.

A cura di Gianluca Beggiato  – Titolare Biessea Controlli S.r.l.

Fasi di elaborazione del DVR | RSPP esterno Bergamo

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Fasi di elaborazione del DVR

RSPP esterno Bergamo

Descrizione generale dell’azienda, del ciclo lavorativo e delle mansioni      

Il quadro descrittivo dell’azienda comprende tutti i dati identificativi, dall’ubicazione, alle dimensioni, all’organigramma, al numero dei dipendenti, ai dati assicurativi e previdenziali, al ciclo produttivo con una descrizione sommaria delle lavorazioni.

Individuazione dei pericoli presenti in azienda

Dopo aver descritto l’attività aziendale, si devono individuare i pericoli presenti.

Questi sono legati alle caratteristiche degli ambienti e luoghi di lavoro, delle attrezzature di lavoro, macchine, impianti e dei materiali; agli agenti fisici, chimici o biologici presenti; al ciclo lavorativo, a tutte le attività svolte (comprese quelle di manutenzione, ordinaria e straordinaria, riparazione, pulizia, arresto e riattivazione, cambio di lavorazioni, ecc.); a fattori correlati all’organizzazione del lavoro adottata; alla formazione, informazione e addestramento necessari e, in generale, a qualunque altro fattore potenzialmente dannoso per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Si tenga presente che il datore di lavoro è tenuto a fare svolgere, ogni qualvolta sia possibile, le lavorazioni pericolose o insalubri in luoghi separati, idonei allo scopo e di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni (D. Lgs. n. 81/2008 s.m.i., Allegato IV, punto 2.1.4).

L’elenco dei fattori di pericolo (o agenti di rischio) a cui fare riferimento è indicato nella tabella seguente:

TIPO  DI  PERICOLO Rischio per la sicurezza Rischio per la salute
Agenti biologici   O
Agenti chimici O O
Attrezzature di lavoro (macchine, impianti, utensili) O  
Elettricità O  
Illuminazione O  
Incendio ed esplosione O  
Luoghi, locali e posti di lavoro O  
Microclima O O
Movimentazione manuale dei carichi O O
Radiazioni ionizzanti   O
Radiazioni non ionizzanti e ottiche   O
Campi magnetici   O
Rumore   O
Vibrazioni   O
Videoterminali   O
Stress correlato al lavoro   O
Eventuali altri pericoli particolari della propria situazione operativa O  

 

Valutazione dei rischi associati ai pericoli individuati e identificazione delle misure di prevenzione e protezione attuate

  1. Identificazione delle mansioni svolte dalle persone e delle lavorazioni analizzando attrezzature, materiali e fattori ambientali.
  2. Identificazione dei fattori di pericolo che tali mansioni comportano.
  3. Analisi dell’ambiente di lavoro in relazione ai pericoli individuati.
  4. Individuazione di strumenti informativi di supporto per l’effettuazione della valutazione dei rischi (registro infortuni, profili di rischio, banche dati su fattori di rischio indici infortunistici, liste di controllo, ecc.).
  5. Effettuazione della valutazione dei rischi per tutti i pericoli individuati:
  • in presenza di indicazioni legislative specifiche sulle modalità valutative, mediante criteri che prevedano anche prove, misurazioni e parametri di confronto tecnici;
  • in assenza di indicazioni legislative specifiche sulle modalità di valutazione, mediante criteri basati sull’esperienza e conoscenza dell’azienda e, ove disponibili, sui dati desumibili da registro infortuni, indici infortunistici, dinamiche infortunistiche, profili di rischio, liste di controllo, norme tecniche, istruzioni di uso e manutenzione, ecc.

 Definizione del programma di miglioramento

  1. Definizione degli obiettivi e delle priorità di intervento migliorativo in funzione della gravità dei rischi rilevati.
  2. Individuazione delle adeguate misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione da adottare[1].
  3. Definizione delle modalità realizzative, degli assegnatari dei compiti e dei tempi di esecuzione degli interventi migliorativi.

Le periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle misure adottate

  1. Analisi delle misure di prevenzione e protezione attuate e verifica della funzionalità delle misure tecniche adottate.
  2. Verifica delle condizioni di pericolo residue.
  3. Controllo del corretto comportamento e del rispetto delle procedure eventualmente stabilite.
  4. Esame dell’andamento antinfortunistico.
  5. Analisi delle eventuali non conformità o problematiche ulteriori rilevate.
  6. Adozione dei successivi interventi correttivi (tecnici, organizzativi, procedurali e disciplinari) eventualmente necessari per ottenere il miglioramento prefissato.
  7. Constatazione dei risultati ottenuti.

[1] Art. 15, D. Lgs. 81/08