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Il servizio di prevenzione e protezione | RSPP Milano

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Il servizio di prevenzione e protezione

RSPP Milano

Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione

È nominato dal datore di lavoro (può essere lo stesso datore di lavoro nelle imprese sino a 30 dipendenti) e ha il compito di collaborare alla valutazione dei rischi, promuovere le iniziative atte a prevenirli, eliminarli o ridurli al minimo. Per svolgere questa attività deve avere la collaborazione del datore di lavoro, dei preposti e dei i lavoratori, deve frequentare un corso formativo per acquisire le attitudini e le conoscenze necessarie con attestazione finale.

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

Deve essere eletto dai lavoratori ed é il riferimento dei lavoratori e il loro portavoce per le problematiche di sicurezza ed igiene sul lavoro. Non ha responsabilità specifiche di alcun genere,  anch’esso deve frequentare un corso formativo per acquisire le attitudini e le conoscenze necessarie con attestazione finale. Può essere di comparto (territoriale) o di sito, qualora all’interno dell’azienda non vi siano persone disposte ad accettare l’incarico.

Il medico competente

Ha il compito di collaborare col datore di lavoro a valutare i rischi per la salute, verificare l’idoneità fisica dei lavoratori in base ai rischi presenti per la salute e l’obbligo di segnalare l’insorgere di patologie che possono determinare la inidoneità,  l’idoneità parziale o con prescrizioni dei lavoratori esposti a rischi per la salute.

La riunione periodica del servizio di prevenzione e protezione

Nelle aziende con oltre 15 dipendenti il datore di lavoro deve indire la riunione periodica a cui partecipano i membri suddetti, redigere un verbale, sottoscriverlo e conservarlo in azienda.

La riunione periodica, obbligatoria almeno una volta l’anno oppure ad ogni significativo mutamento del ciclo produttivo, deve analizzare:

– l’adeguatezza del documento di valutazione dei rischi,

– i programmi formativi in base ai disposti di legge e alle esigenze aziendali,

– la verifica delle necessità e/o dell’utilizzo delle protezioni personali (DPI),

– l’andamento infortunistico e l’analisi degli infortuni verificatisi nel periodo,

– l’idoneità del servizio di emergenza e del piano esistente.

 Formazione e informazione del personale

 La formazione alla sicurezza deve interessare tutti i lavoratori con priorità ai neo assunti e ai cambi di mansione, allo scopo di preparare chi è esposto a rischi ad affrontare e prevenire i pericoli per la propria incolumità. Tale formazione interessa, come da normativa, i rischi generali e specifici dell’attività; completata con l’addestramento deve prevedere i rischi derivanti dall’impiego di attrezzature e macchine che sono fonte di rischio per altri lavoratori, l’uso di DPI salvavita, i lavori in quota, la realizzazione di ponteggi e tutte quelle operazioni che richiedono una particolare attenzione. Questo al fine di migliorare costantemente la qualità del lavoro che è anche qualità della vita, dato che il tempo occupato sul lavoro riveste una parte importantissima dello spazio vitale dell’uomo.

Il concetto di prevenzione | RSPP esterno Milano

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Il concetto di prevenzione

RSPP esterno Milano

La prevenzione è l’insieme di azioni finalizzate a impedire o ridurre il rischio, ossia la probabilità che si verifichino eventi non desiderati. Gli interventi di prevenzione sono in genere rivolti all’eliminazione o, nel caso in cui la stessa non sia concretamente attuabile, alla riduzione dei rischi che possono generare dei danni all’incolumità delle persone.

Nell’ambito lavorativo la “prevenzione” è definita dall’art. 2 lett. n) del D. Lgs. 81/2008 come “il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno”.

Misure generali di tutela

– Valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza

– Programmazione della prevenzione

– Eliminazione dei rischi o riduzione al minimo possibile in base alla tecnologia attuale

– Rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, delle attrezzature e nei metodi di lavoro

– Eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte

– Sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che lo è meno

– Limitazione al minimo possibile dei lavoratori che possono essere esposti a rischio

– Impiego limitato degli agenti chimici, fisici o biologici sui luoghi di lavoro

– Priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle protezioni individuali

– Controllo sanitario dei lavoratori

– Allontanamento del lavoratore da postazioni pericolose, per motivi sanitari, per la sua persona con adibizione, se possibile, ad altra mansione

– Informazione e formazione adeguate per i lavoratori

– Informazione e formazione adeguate per dirigenti e preposti

– Informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

– Istruzioni adeguate ai lavoratori

– Partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

– Programmazione delle misure per migliorare nel tempo il livello di sicurezza

– Misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, incendio ed evacuazione

– Uso di segnali di avvertimento e di sicurezza

– Regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti e dispositivi di sicurezza

Attacco informatico ad Unicredit. Oltre 400.000 le “vittime” | Sicurezza istituti bancari

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Attacco informatico ad Unicredit. Oltre 400.000 le “vittime”

Sicurezza istituti bancari

UN ATTACCO INFORMATICO ALL’ISTITUTO DI CREDITO UNICREDIT STA FACENDO TREMARE IL MONDO DELLA CYBERSECURITY BANCARIA. VEDIAMO COSA FARE PER DIFENDERCI.

Nel mese di luglio Unicredit, uno dei gruppi bancari più grandi in Italia, ha subito un duro attacco informatico che ha portato alla violazione degli account di circa 400.000 persone. Questi attacchi, secondo quanto dichiarato dalla stessa banca, non dovrebbero permettere il prelievo di denaro dai conti corrente.

Secondo il report di Unicredit registrato tra Giugno e Luglio 2017 è il secondo attacco avvenuto negli ultimi 12 mesi. I primi attacchi sarebbero avvenuti tra Settembre e Ottobre 2016 quando degli hacker avrebbero colpito i conti corrente della succitata banca.

La banca si è affrettata a rassicurare i propri correntisti che il furto dei dati non compromette la sicurezza dei loro risparmi. Secondo la banca i dati violati coinvolgerebbero solo le informazioni riguardanti le richieste di mutuo ma la Polizia Postale ha comunque deciso di aprire un indagine per verificare i reali danni provocati dall’attacco.

Ciò che fa pensare di questo attacco è che la stessa Banca ha investito oltre 2 miliardi di euro per il miglioramento della cybersecurity da qui al 2019 con un piano volto sia al rinnovamento degli strumenti informatici utilizzati sia alla realizzazione di un sistema avanzato di sicurezza informatica. Quello che però emerge è che la vera mancanza è nel personale che utilizza gli strumenti. Una maggiore consapevolezza che in ogni momento può accadere un attacco informatico aiuterebbe ad avere comportamenti più corretti.

In Gran Bretagna i maggiori istituti bancari hanno stretto un’alleanza che sotto alcuni aspetti richiama i principi della NATO: se uno degli istituti aderenti viene colpito da un attacco è come se fossero stati attaccati tutti gli aderenti.

L’alleanza, chiamata Cyber Defence Alliance è stata fondata due anni fa in tutta segretezza da Barclay, Standard Chartered, Deutsche Bank e Banco Santander, l’intesa si è poi allargata a Bank of Ireland, Allied Irish Banks, Lloyds Banking Group e Metro Bank. Di fatto la Cda è un accordo per lavorare congiuntamente agli investigatori, con tecniche basate soprattutto sul software.

Gli istituti bancari, se vengono attaccati, intervengono per scoprire il più rapidamente possibile i responsabili e monitorando in particolar modo eventuali trasferimenti di denaro. Infatti movimenti anomali, se avvenuti all’interno dei confini nazionali, sono facilmente intercettabili mentre se il denaro viene trasferito in conti esteri diventa quasi impossibile poi rintracciarlo.

Il caso UniCredit ha messo in luce le possibili debolezze dei sistemi informatici degli istituti bancari che, più di altre attività, richiedono una maggiore attenzione alla sicurezza informatica. In ogni caso vi riportiamo alcuni consigli che sono validi sia per questo attacco informatico sia per eventi futuri non solo ai sistemi bancari ma anche ad account social o altri servizi vittime di violazioni:

  1. Attenti al phishig

Non accedete ad alcun sito, anche se a voi noto, cliccando da un indirizzo elettronico ricevuto via e-mail. Potrebbe essere un’e-mail contraffatta con grafica e logo della ditta e/o banca a voi nota che vi chiede di riassumere dati personali o vi  rimanda ad una finta pagina web del tutto simile all’originale.

  1. Verificate gli indirizzi

Non rispondete mai ad e-mail senza aver prima verificato l’indirizzo di provenienza. Non basta, infatti, che il nome dell’utente corrisponda.

  1. Non scaricate allegati

Mai aprite allegati senza aver prima accertato l’effettiva provenienza dell’e-mail che li accompagna.

  1. Non spedite dati riservati

Non spedite mai online nome, indirizzo, telefono, età e altri dati personali ad indirizzi e-mail di persone ignote e mittenti sconosciuti.

  1. Non mandate il numero della carta d’identità

Non date mai online a nessuno, neanche a persone note, il vostro numero di codice fiscale, il luogo e la data di nascita o il numero della carta d’identità.

  1. Cercate il lucchetto

Verificate se il sito della vostra banca è protetto. I siti delle banche, quando si accede al proprio conto, devono essere protetti da sistemi di sicurezza internazionali come Ssl e Set: sono riconoscibili dal simbolo di un lucchetto chiuso visibile nella barra di indirizzo.

  1. Cambiate la password

Periodicamente, meglio ogni tre mesi, è opportuno modificarla. Prima di effettuare la variazione, controllate se il sito è in connessione cifrata “Ssl”. Usate password con un minimo di dieci caratteri, con combinazioni di numeri e lettere, maiuscole e minuscole e almeno un carattere speciale, tipo virgola, punto e virgola o due punti. Il proprio nome con l’aggiunta di un numero, magari la propria data di nascita, è decisamente da evitare. Mai codici, insomma, con propri dati personali. Nemmeno le sequenze di tasti, tipo asdf, qwerty e 1234, sono sicure. Non utilizzare, infine, le stesse password per più account. Non lasciare le password scritta in posti raggiungibili da altri. Meglio memorizzarle.

  1. Controllate l’estratto conto

Dopo aver fatto un acquisto, pagato con carte di credito o bancomat, non sarebbe male controllare sistematicamente i successivi estratti conto.

  1. Fate gli aggiornamenti periodici

Utilizzare software e browser completi e rinnovati: il primo passo per la sicurezza è avere un buon antivirus aggiornato. Per una maggiore sicurezza online, inoltre, è necessario aggiornare all’ultima versione disponibile il browser utilizzato per navigare.

  1. Non eseguite download

Non scaricate nulla e non installate programmi da siti che non siano sicuramente affidabili.

 

A cura di Alberto Faggionato – Responsabile Informatico Fondazione Asso.Safe

Effetti del demansionamento del dipendente | Corsi sicurezza Dalmine

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Effetti del demansionamento del dipendente

Corsi sicurezza Dalmine

I Giudici di legittimità, Sezione Lavoro, si sono pronunciati, con sentenza 20123/2017, in merito alla vicenda di due lavoratori licenziati illegittimamente.

I due, impugnando il predetto provvedimento, avevano ottenuto il diritto al reintegro nel posto di lavoro, al quale il datore aveva tuttavia dato seguito con largo ritardo. Inoltre il datore, adducendo una importante riorganizzazione aziendale, avvenuta successivamente all’impugnato licenziamento, aveva assegnato i lavoratori a mansioni inferiori a quelle svolte dagli stessi in precedenza, in quanto le stesse non risultavano più disponibili al momento del reintegro dei dipendenti.

Tale condotta appare sicuramente censurabile ed illegittima, ed origina in capo al lavoratore demansionato il diritto al risarcimento del danno.

Il datore difatti, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio nei confronti dei dipendenti, avrebbe dovuto dimostrare non solo che il riassetto organizzativo abbia di fatto eliminato alcune mansioni, bensì che tali mansioni siano state eliminate per cause a lui non imputabile. Ma soprattutto, il datore deve provare la impossibilità di assegnare il lavoratore a mansioni alternative ed equivalenti a quelle svolte in precedenza; a mente dell’art. 2103 c.c., infatti, “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte”. Il dipendente dunque non può essere ragionevolmente chiamato a sopportare le conseguenze delle sorti aziendali, laddove risultino per lui pregiudizievoli.

Sulla scorta delle citate considerazioni, pertanto, in difetto di mancato assolvimento dell’onere della prova -da parte del datore- nei termini suddetti, allo stesso incombe l’onere del risarcimento del danno patito dal lavoratore per l’avvenuto demansionamento.

Danno da amianto e responsabilità del datore di lavoro | Corso Primo Soccorso Bergamo

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Danno da amianto e responsabilità del datore di lavoro

Corso Primo Soccorso Bergamo

Il Giudice di Legittimità, Sezione Lavoro, si è espresso, a mezzo della sentenza 19270/2017, in materia di danno da amianto patito dal lavoratore.

La pronuncia merita un approfondimento, anche in considerazione del fatto che usualmente è il Giudice Penale che viene investito della questione, derivando sovente dalla esposizione a materie tossiche e nocive una lesione fisica al lavoratore, o, nei casi più gravi, la morte.

Nei giudizi civili fulcro della valutazione è il nesso eziologico tra l’ambiente lavorativo e la malattia o morte del lavoratore. In particolare, rispetto all’ambito penale, il nesso causale che deve essere accertato appare meno rigoroso, essendo richiesto, al fine dell’accoglimento della domanda di risarcimento del danno proposta dall’interessato o dai di lui eredi, un qualificato grado di probabilità che il morbo ovvero il decesso siano da imputare all’attività lavorativa svolta in ambiente insalubre (ex multis, Cass. Sez. Lav., 18246/2009).

La sentenza in commento, conformandosi ai principi di diritto dominanti sul punto, evidenzia che l’accertamento dell’esposizione -da parte del lavoratore- ad un ambiente in cui sono presenti polveri di amianto, è sufficiente a fondare una pronuncia di condanna nei confronti del datore, con relativo accoglimento della domanda di risarcimento danno ai sensi dell’art. 2087 c.c., norma che come noto impone all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie alla salvaguardia dell’integrità fisica del lavoratore.

Nel caso in esame è stato appurato che il lavoratore, deceduto per carcinoma polmonare, soffriva di precedente patologia polmonare ed era fumatore, cause sicuramente idonee a cagionare l’insorgenza del cancro; ancora, a mezzo CTU è stato accertato che l’esposizione ad amianto non poteva essere la causa esclusiva del carcinoma. Tuttavia, secondo la S.C., il solo aumento della probabilità di contrarre la malattia per esposizione a sostanze nocive è già di per sé solo meritevole di tutela, quale causa altamente probabile del morbo. Secondo tale esegesi, non possono che conseguirne la prova sufficiente del nesso causale tra attività lavorativa e malattia, la responsabilità del datore per non avere impedito il fatto -essendo la pericolosità dell’amianto nota da decenni- nonchè il diritto degli eredi al risarcimento del danno.