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Prevenzione dei rischi derivanti dall’impiego delle macchine | Sicurezza lavoro macchine

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Prevenzione dei rischi derivanti dall’impiego delle macchine

Sicurezza lavoro macchine

Pericoli delle macchine

La complessità dell’argomento obbliga a riassumere per quanto possibile i problemi e a condensare quanto previsto dalla normativa.

I pericoli, fonti di danno per la sicurezza, si possono così riassumere:

 a) afferramento, imprigionamento (es. cilindri controrotanti);

b) cesoiamento, schiacciamento, amputazione (es. cesoie, fustelle, presse);

c) rottura, proiezione parti (es. cinghie di trasmissione, volani, dischi mole);

d) taglio, amputazione (es. taglierine, cesoie);

e) trascinamento, afferramento (es. nastri trasportatori, catene);

f) proiezione di trucioli, schegge, scintille, faville incandescenti, spruzzi;

g) parti o componenti accessibili ad elevata temperatura non protetti, spigoli taglienti e pungenti accessibili;

h) equilibrio instabile, caduta di parti, ribaltamento, spostamenti repentini durante il montaggio, lo smontaggio e la preparazione;

i) investimento di persone durante la manovra di macchine semoventi;

l) ribaltamento;

m) illuminazione inadeguata della zona di lavoro (macchine semoventi);

n) accessibilità difficile o non agevole;

o) cedimenti strutturali;

p) incendi ed esplosioni.

I pericoli, fonti di danno per la salute, si possono così riassumere:

a) rumore;

b) vibrazioni;

c) posture fisse mantenute;

d) posture incongrue, sovraccarico degli arti superiori;

e) radiazioni;

f) temperature elevate;

g) illuminazione inadeguata, nel caso di lavoro che comporti elevato impegno visivo;

h) emissione di fumi, polveri, vapori e gas nocivi.

Protezione delle macchine

Le macchine, gli stessi componenti, gli organi lavoratori, le trasmissioni, quando costituiscono un pericolo in fase di avviamento o funzionamento devono essere realizzati in modo da non costituire pericolo per il lavoratore – utilizzatore.

Protezioni segregazioni e dispositivi di sicurezza

La normativa definisce, oltre ai concetti di ergonomia e sicurezza nell’impiego, un concetto fondamentale: ogni pericolo creato da una macchina deve essere eliminato; i sistemi fondamentali sono di tipo tecnico o di tipo organizzativo e gestionale.

Tra i concetti di tipo tecnico volti a preservare l’incolumità del lavoratore è fondamentale l’isolamento delle parti in movimento pericolose e delle zone di rischio, ove cioè sussistano pericoli specifici per l’addetto. La nota vale per le parti di macchine a funzionamento intermittente che possono trarre in inganno l’utilizzatore e causare gravi lesioni.

I sistemi di protezione sono essenzialmente i seguenti:

a) Protezione: avvolge, isolando la parte pericolosa; esempio un carter che avvolge una trasmissione a catena, un involucro che protegge una coppia di ingranaggi. Può essere realizzata in modo da consentire il passaggio del pezzo da lavorare ma non delle mani dell’operatore. La protezione deve essere applicata in modo da consentirne l’asportazione a mezzo utensili o chiave. Il fissaggio mediante pomelli con vite, ganci, magneti, apribili manualmente, non è consentito.

b) Segregazione: isola la zona pericolosa, impedendo ai lavoratori di avvicinarsi; esempio: una barriera o una robusta rete; deve comunque essere realizzata in modo tale che, anche sporgendosi, una persona non acceda alla zona di pericolo.

c) Dispositivo di sicurezza: arresta la macchina o le parti in movimento in caso di pericolo immediato. Può essere realizzato nei modi più diversi:

– barriera fotoelettrica (fotocellula): blocca la macchina qualora una mano o parte del corpo dell’addetto si avvicinasse alla zona di pericolo;

– microinterruttore: collegato ad uno sportello o riparo atto a segregare la zona di pericolo, toglie tensione all’alimentazione della macchina;

– dispositivo meccanico: blocca l’organo lavoratore nel caso non sia predisposta una protezione;

Esistono poi dispositivi di sicurezza per altri tipi di impianti, quali valvole di sicurezza per circuiti idraulici, pneumatici, bombole, flange a rottura.

Le protezioni ed i dispositivi di sicurezza non possono essere rimossi se non per necessità di lavoro. Qualora debbano essere rimossi, dovranno essere immediatamente adottate misure atte a mantenere in evidenza e a ridurre al minimo possibile il pericolo che ne deriva.

La rimessa a posto della protezione o del dispositivo deve avvenire non appena siano cessate le ragioni che hanno resa necessaria la loro temporanea rimozione.

Organi di comando delle macchine

Ogni macchina deve avere gli organi di comando per la messa in moto e l’arresto ben visibili e individuabili; i comandi a tasto devono essere contrassegnati da una marcatura adatta (simboli normalizzati secondo norma UNI/ISO 7000) e a facile portata dell’operatore. Qualora l’organo di comando possa essere manovrato da altri, devono adottarsi misure per evitare lesioni alle altre persone.

I comandi di messa in moto delle macchine devono essere collocati in modo da evitare avviamenti o innesti accidentali o indesiderati, quindi essere dotati di dispositivi atti a conseguire lo scopo.

Lo scopo è ottenibile attraverso sistemi meccanici o con dispositivi elettromeccanici (doppi comandi, comandi a uomo presente, a movimento multiplo, protezioni passive). I comandi a pedale devono essere provvisti di un riparo efficace (custodia) che eviti ogni possibilità di azionamento accidentale.

Istruzioni di sicurezza

Le macchine qualora, nonostante le protezioni, presentino rischi residui durante l’utilizzo, debbono recare precise istruzioni per il montaggio, l’impiego, l’attrezzaggio, la manutenzione. Il manuale delle istruzioni diviene un componente fondamentale della macchine che deve essere presente nei pressi della stessa e oggetto della formazione operativa dell’addetto da parte dei preposti.

Le istruzioni di sicurezza devono essere facilmente comprensibili ed essere nella lingua del paese utilizzatore, nella fattispecie italiano.

Il personale utilizzatore deve essere informato su rischi che la macchina può comportare, compreso l’uso improprio che può essere fatto della stessa e delle contro indicazioni dovute allo stesso.

Divieto di intervenire sulle parti in moto della macchina

È vietato compiere, su organi in moto, qualsiasi operazione di pulitura, riparazione, regolazione o registrazione (a meno che la macchina sia espressamente predisposta).

Qualora sia necessario eseguire tali operazioni durante il moto, deve essere previsto un sistema che consenta di svolgere l’operazione in tutta sicurezza.

Trasmissioni

Nastri trasportatori, rulli, alberi, pulegge, cinghie, funi, catene di trasmissione, corone, cilindri e coni di frizione devono essere protetti nel caso siano accessibili e, se in moto, costituire un  pericolo. Le norme di buona tecnica e gli allegati alla normativa di legge stabiliscono nel dettaglio le caratteristiche che le protezioni devono avere per evitare qualunque contatto che possa generare infortunio.

Marcatura

Le macchine immesse sul mercato dal settembre 1996 devono recare il marchio CE apposto dal fabbricante come attestazione della conformità alle specifiche norme di buona tecnica esistenti.

Tale marchio viene applicato dal costruttore su propria specifica responsabilità.

Il marchio CE deve essere apposto in etichetta serigrafata contenente marchio del fabbricante, ragione sociale, indirizzo, anno di fabbricazione, tipo di macchina e numero di serie.

Controlli periodici sull’efficienza della macchina e dei dispositivi di sicurezza

Parte importante nella prevenzione dei rischi derivanti dall’utilizzo delle macchine nei luoghi di lavoro è la verifica periodica sul funzionamento dei dispositivi di sicurezza, sullo stato delle protezioni e sul corretto stato d’uso.

La verifica deve essere svolta periodicamente da un addetto alla manutenzione o da un preposto e ha lo scopo di verificare che non vi siano malfunzionamenti o manomissioni che possano compromettere la sicurezza di funzionamento delle macchine stesse, sulla base dei modelli previsti dalla linee guida INAIL.

In caso di ripetute non conformità devono essere effettuati richiami e adottati provvedimenti disciplinari nei confronti dell’utilizzatore.

Interventi di manutenzione

Prima di procedere a qualsiasi intervento di manutenzione bisogna chiedere l’autorizzazione al responsabile di produzione e segnalare al capo reparto o capo turno il tipo di intervento da effettuare e la macchina o impianto oggetto dell’intervento stesso.

Durante gli interventi di manutenzione, di preparazione o modifica delle possibilità operative delle macchine si devono attuare quelle precauzioni volte ad evitare ogni possibile pericolo di avviamento intempestivo o movimento di parti delle macchine provvedendo a:

– collocare cartelli appositi di avviso e divieto di effettuare manovre sugli interruttori dei quadri di alimentazione;

– aprire l’interruttore di alimentazione a bordo macchina;

– predisporre blocchi meccanici per le parti della macchina che possono spostarsi o cadere durante gli smontaggi;

– mettere in sicurezza le parti da smontare che, a causa del peso o della particolare forma, potrebbero causare danni all’addetto in caso di spostamento repentino dalla propria posizione;

– segnalare e mettere in sicurezza l’area destinata all’intervento, ricorrendo anche a segregazioni qualora potesse esservi il rischio di proiezione o caduta di parti, schegge o utensili che possano investire le persone.

La rimessa in marcia di macchine o impianti deve essere autorizzata dal capo reparto.

Ripristino delle condizioni di sicurezza dopo un intervento di manutenzione

Ogni intervento di manutenzione eseguito su una macchina deve ripristinarne le condizioni originali. Eventuali parti sostituite devono essere parti originali oppure essere, per caratteristiche tecniche e di funzionalità, identiche a quelle sostituite, ciò vale anche per i dispositivi di sicurezza.

Il mancato ripristino o, peggio, la manomissione di dispositivi di sicurezza e protezioni comporterebbe il sollevamento da ogni responsabilità del costruttore e l’assunzione di dette responsabilità da parte dell’azienda.

Il personale addetto a tali interventi deve attenersi alle istruzioni ricevute e/o a quanto previsto sul manuale di manutenzione e deve essere personale qualificato ed incaricato in maniera specifica.

Normativa riguardante le Procedure di Collaborazione con gli Organismi Paritetici | Formazione sicurezza lavoro

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Normativa riguardante le Procedure di Collaborazione con gli Organismi Paritetici

Formazione sicurezza lavoro

Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81

Articolo 2, comma 1, lettera ee):

«organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia.

Articolo 51, Organismi paritetici:

gli organismi sono prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
Gli organismi paritetici possono supportare le imprese nell’individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Gli organismi paritetici svolgono o promuovono attività di formazione, anche attraverso l’impiego dei fondi interprofessionali …, nonché, su richiesta delle imprese, rilasciano una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese…

Articolo 37, Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti:

  1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
    a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
    b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
    2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
    7. I dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
  2. I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza devono ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; ….
    10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
    12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

Accordo Stato Regioni 21 dicembre 2011 n. 221 (formazione lavoratori, preposti, dirigenti):

durata, contenuti minimi, modalità di formazione, aggiornamento. Requisiti dei docenti (esperienza triennale). Organizzazione della formazione: soggetto organizzatore, responsabile corso e nominativo docenti, numero massimo di 35 partecipanti, registro presenze, obbligo di frequenza del 90%, contenuti (tenendo presente età, genere, lingua, ecc.). Metodologie di apprendimento (esercitazioni teoriche e pratiche, e-learning). Percorso formativo: 4 ore formazione generale + 4/8/12 formazione specifica. Formazione preposti: +8 ore. Formazione dirigenti sostitutiva: 16 ore. Aggiornamento lavoratori, preposti, dirigenti: 6 ore ogni 5 anni.

Accordo Stato Regioni 21 dicembre 2011 n. 223 (formazione datori di lavoro che svolgono attività di RSPP):

contenuti, articolazioni, modalità di espletamento del percorso formativo, aggiornamento. Soggetti formatori (regioni, università, INAIL, sindacati, enti bilaterali, ecc.) e requisiti docenti. Organizzazione dei corsi: responsabile del progetto formativo e docente, numero massimo di 35 partecipanti, registro presenze, 10% assenze ammesse. Metodologie di apprendimento (metodologie interattive). Percorso formativo: rischio basso 16, rischio medio 32, rischio alto 48 ore. Valutazione e certificazione (colloquio o test). Aggiornamento ogni 5 anni: 6 ore (basso), 10 ore (medio), 14 ore (alto). Esercizio di nuova attività: obbligo entro 90 giorni.

Circolare n. 7, 17 settembre 2012, Regione Lombardia

Enti bilaterali e organismi paritetici. Procedure per la richiesta di collaborazione. Riconoscimento della formazione pregressa: datori di lavoro e dirigenti (effettuata entro l’11 gennaio 2012) 5 anni, lavoratori e preposti (effettuata entro l’11 gennaio 2012) 12 mesi (se fatta prima dell’11 gennaio 2007) 5 anni (se fatta dopo l’11 gennaio 2007). Modalità di erogazione (registro presenze, ore, nominativi docenti, modalità organizzative, valutazione e certificazione, prove finali). Rilascio attestati (Modigliani bianco A4). Lista Organismi Paritetici.

Circolare n. 20, 25 ottobre 2013, Regione Lombardia (attrezzature di lavoro)

Intervista di un lavoratore italiano all’estero | Sicurezza lavoro Bergamo

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Intervista di un lavoratore italiano all’estero

Sicurezza lavoro Bergamo

La tutela della sicurezza e della salute del lavoratore italiano all’estero

Si riporta l’esperienza di un lavoratore che da più di 35 anni opera all’estero in ambito metalmeccanico pesante e siderurgico.

La carriera lavorativa ha inizio nel 1978 come aiutante tubista in un’impresa milanese di assemblaggio e posa in opera di tubazioni industriali. Nel 1979 viene assunto, con la qualifica di impiegato tecnico addetto ai cantieri esterni, da una società di Milano del settore metalmeccanico che produce impianti di siderurgia secondaria. Dopo un periodo di prova di 3 mesi al reparto montaggio dell’officina, inizia a seguire lavori su cantieri sia in Italia che all’estero: inizialmente, per circa 5 anni, come meccanico montatore, quindi come capo cantiere di lavori minori per l’ammodernamento e la manutenzione (revamping) di impianti già esistenti. Nel 1989 viene nominato vice capo cantiere in un tubificio in Unione Sovietica; l’anno successivo ottiene la qualifica di capo cantiere in uno stabilimento russo per il montaggio di due linee di presse a stampare, dove collabora dall’inizio dei lavori fino all’accettazione finale dell’impianto da parte del Cliente.

Da allora ha sempre gestito lavori esterni come responsabile di cantiere o responsabile di avviamento impianti, sia in Italia, dove ha lavorato nei maggiori impianti siderurgici del paese (Taranto, Terni, Brescia), sia all’estero: in Turchia, nella Repubblica Popolare Cinese, in Thailandia, in Iran, nei Paesi del Golfo, in Corea del Sud e in India.

Nel 2008 viene assunto da una nuova Azienda, leader mondiale per la fornitura di impianti siderurgici, “in qualità di impiegato categoria Quadro prevista dal CCNL vigente per le aziende metalmeccaniche dell’industria privata, disciplina speciale parte III, con contratto a tempo indeterminato, con mansione di Commissioning Manager”. Contestualmente ha stipulato un Contratto di distacco che ha determinato “la sua funzione di Responsabile Avviamenti” presso un nuovo cantiere.

Nel 2013 ha seguito in Italia un corso di formazione per la sicurezza della durata di 3 giorni (8 ore giornaliere), con rilascio dell’attestato sia per preposto che per dirigente.

Organizzazione dei cantieri all’estero

Si evidenzia che, a seconda del tipo di contratto stipulato, il lavoro di cantiere può essere organizzato come segue:

– “a Supervisione” per quei cantieri in cui il montaggio è a carico del Contraente e dove quindi il Cliente provvede personalmente al montaggio dei macchinari forniti con maestranze locali; la logistica viene garantita dal Cliente finale e così pure la struttura organizzativa. In questo caso il gruppo di cantiere di lavoratori dipendenti dell’impresa italiana ha un suo responsabile della sicurezza, che comunque svolge anche altre mansioni primarie, ma che all’occorrenza sovraintende e garantisce tutti gli aspetti della sicurezza del cantiere. In merito alla gestione della legislazione per lavori in cantieri di questo tipo, viene effettuata un’analisi della legislazione locale prima dell’inizio del cantiere, aggiungendo i requisiti emersi rispetto a quelli italiani sulla lista di controllo legislativa “Salute, Sicurezza ed Ambiente – legal requirement check list”, una norma interna aziendale. La check list viene completata con i requisiti della legge locale dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, oppure dal Safety Manager in cantiere e una volta compilata deve essere condivisa con la Direzione Aziendale. I requisiti della legislazione locale vengono confrontati con i requisiti italiani al fine di verificare quale requisito è più stringente. I requisiti locali sono identificati dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, con la collaborazione di consulenti locali, sulla base delle normative locali applicabili. Nel caso di lavoratori assunti localmente saranno applicati i requisiti della normativa locale.

– “Chiavi in Mano” per quei cantieri in cui l’Azienda italiana provvede anche al montaggio, con conseguente responsabilità anche per tale attività. In tal caso (si parla di cantieri che hanno centinaia di lavoratori contrattisti) il cantiere prevede una struttura organizzativa completa così che è previsto un responsabile della sicurezza aziendale. In tale ipotesi, data la natura delle attività svolte dal personale della Contraente, non si richiede di effettuare una specifica analisi di specificità legislativa. Per tale attività sarà comunque applicato il documento interno aziendale “Salute, Sicurezza ed Ambiente”, in linea con i requisiti della normativa italiana in grado di soddisfare anche la normativa locale. Eventuali richieste di legge che differiscano dalla normativa italiana saranno discusse con il Cliente in sede di incontro di coordinamento iniziale opportunamente verbalizzato. Inoltre qualora il Cliente richiedesse di applicare proprie procedure sarà necessaria una preventiva verifica di conformità di tali procedure rispetto a quelle previste dal documento “Salute, Sicurezza ed Ambiente”.

Gestione dei cantieri all’estero

La sicurezza sul lavoro, difatti, sta diventando una questione di primaria importanza in Azienda. La gestione sicurezza dei cantieri, nel caso in esame, fa riferimento ad un ufficio apposito (con sede in Italia) che comprende un team di tre soggetti, con a capo un responsabile, con compito di predisporre e aggiornare la modulistica, nonché organizzare corsi di aggiornamento per il personale operativo di cantiere e i preposti. Talvolta un tecnico di tale ufficio visita personalmente i cantieri svolgendo un’ispezione di qualche giorno, controllando lo stato dell’arte della sicurezza, impartendo suggerimenti e direttive al fine di migliorare l’ambiente e il luogo di lavoro, redigendo un rapporto di efficienza assegnando un corrispondente punteggio. A tale ufficio devono essere inviati periodicamente report, comunicazioni e segnalazioni, nonché le statistiche mensili di cantiere.

Nel cantiere attuale in cui opera il lavoratore intervistato (di tipologia “Chiavi in Mano”, in India) sono presenti circa 500 persone e ci si avvale di un esperto della sicurezza locale, che ha effettuato corsi in Italia, che opera giornalmente tenendo sotto controllo le maestranze e mantiene i rapporti con gli addetti alla sicurezza delle imprese sub-contrattiste. Il lavoratore intervistato, invece, è la figura responsabile del cantiere, riferimento per il Cliente e i fornitori di manodopera, nominato con Contratto di delega dal Dirigente Delegato, con onere di sorvegliare l’applicazione (in loco) delle direttive aziendali in fatto di sicurezza e con “potere di organizzazione, gestione, controllo e di spesa esercitabili a firma singola senza alcun vincolo di indirizzo o ratifica”. In particolare gli è stato conferito il potere: “a) di direzione, organizzazione e controllo delle attività del cantiere; b) di acquisto, manutenzione, riparazione di impianti, macchinari, attrezzature da lavoro, …, beni e prodotti in genere e, comunque, di tutto quanto si riveli necessario al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori nel cantiere nonché la tutela delle persone e delle cose, senza necessità di preventiva autorizzazione e con il potere di impegnare direttamente la spesa e di effettuare il pagamento; c) sospendere, anche solo parzialmente, l’attività lavorativa qualora la stessa avvenga in violazione della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, o si versi in una situazione di pericolo grave ed immediato per la salute e la sicurezza degli addetti; d) di firma e di rappresentanza della Società, nei limita di spesa indicati.”

Settimanalmente si svolgono riunioni periodiche per la sicurezza, alla presenza di tutti i dipendenti dell’Azienda italiana, della quale si redige verbale. Parallelamente, le maestranze straniere tengono una propria riunione periodica mensile in materia di sicurezza.

Sorveglianza sanitaria

Solo i lavoratori italiani sono sottoposti, nel paese di origine, a sorveglianza sanitaria con cadenza biennale, a mezzo controllo medico generale all’infermeria aziendale o in appositi ambulatori convenzionati. Scopo di queste visite è l’idoneità alla mansione, pertanto viene valutato il buono stato di salute del dipendente a mezzo controllo del peso, schermografia, esame della vista, audiometria, spirometria, prontezza di riflessi, analisi del sangue, delle urine, controllo dello stato psichico e validità vaccini. Nessun lavoratore locale, invece, si sottopone a visita medica, e nessuno è in possesso di specifica idoneità nonostante la “Documentazione di abilitazione di accesso al cantiere” preveda sia per il singolo lavoratore, autonomo o dipendente, che per le ditte lavoratrici un attestato di idoneità tecnica e psico-fisica.

 

Condizioni igienico sanitarie

Le condizioni igienico sanitarie che solitamente si trovano nei cantieri all’estero sono di molto inferiori allo standard europeo. Sovente, all’inizio dei lavori di montaggio degli equipaggiamenti contrattuali ci si trova a cielo aperto con capannoni a costruzione non ultimata, privi di servizi igienici, spogliatoi, illuminazione, docce, acqua potabile e acqua corrente. Tale situazione persiste fintanto che le opere civili non vengono completate, ovvero decorsi alcuni mesi. Per quanto riguarda l’utilizzo delle mense aziendali, le condizioni igieniche, nonché la qualità degli alimenti forniti, incentivano i lavoratori italiani a saltare i pasti, anche se talvolta, non avendo valide alternative si rende necessaria la consumazione di pietanze locali. Anche in questo caso gli stranieri godono di un trattamento privilegiato, tuttavia la qualità del cibo servito è medio-bassa e pure le condizioni igieniche delle cucine non sono adeguate. Il livello igienico e sanitario del posto di lavoro rispecchia in ogni caso quello della nazione, quindi, maggiore è il grado di povertà, più elevato sarà il disagio per il lavoratore europeo. L’infermeria di primo soccorso non è quasi mai presente nelle vicinanze e bisogna solitamente rivolgersi all’ospedale nella città più vicina, a volte a molti chilometri di distanza; per ovviare a tali mancanze, si tiene ben fornita la cassetta di pronto soccorso. Tra tutti i paesi stranieri nei quali ha lavorato, le peggiori condizioni igieniche sanitarie sono state riscontrate in India, Iran, Algeria, Cina; una situazione lievemente migliore invece in Russia, Thailandia, Corea del Sud e Arabia Saudita. Come già evidenziato, gli stranieri godono sempre di una condizione di favore rispetto agli indigeni, tanto che le medicazioni o visite mediche vengono effettuate con standard migliori. Per quanto riguarda le vaccinazioni richieste per la zona nella quale si lavora, solitamente l’Azienda fornisce indicazioni precise al riguardo. Ad esempio in India, nello stato Jharkhand, è richiesto sia il vaccino anti Epatite A che quello anti-Tifo. Il vaccino anti-tetanico, invece, è obbligatorio per tutti i lavoratori.

Pur non avendo conoscenza delle legislazioni estere in materia di sicurezza, il lavoratore intervistato afferma che la sicurezza sul lavoro va di pari passo con la suddetta classifica relativa alle condizioni sanitarie, dunque agli ultimi posti troviamo India, Iran, Algeria e Cina, mentre ai primi posti ci sono Arabia Saudita e Corea del Sud.

 

Dotazione di DPI

In quasi tutti i paesi visitati l’azienda appaltatrice locale distribuisce ai propri lavoratori solamente l’elmetto, gli occhiali e i tappi per l’udito, raramente il vestiario, mentre i guanti protettivi spesso sono realizzati con materiali inadeguati come semplice stoffa; infine le scarpe antinfortunistiche non vengono fornite per evidenti ragioni economiche. Spesso sui cantieri si vedono lavoratori con l’elmetto ma a piedi nudi. Per i lavoratori italiani se ne fa carico direttamente l’Azienda italiana.

Altra nota dolente nei paesi stranieri riguarda la qualità delle opere provvisionali (ponteggi e protezioni): spesso si tratta di strutture tubolari senza tavole di calpestìo, con semplici correnti come parapetti, così che il lavoratore deve operare poggiando i piedi sui tubi metallici e rimanendo assicurato, nella migliore delle ipotesi, con la sola cintura di sicurezza alla vita. In Cina, in alcuni casi, i ponteggi vengono costruiti con canne robuste in bambù, assemblate con corde di canapa intrecciata.

Gestione degli infortuni

La sicurezza è sicuramente un tema sentito anche nei paesi esteri, tuttavia spesso le informazioni fornite danno un’immagine falsata della realtà. Ad esempio, in Corea del Sud, all’ingresso di ogni capannone di una grossa acciaieria erano esposti i dati inerenti i giorni trascorsi senza infortuni: si rilevava che in più anni non si era verificato alcun incidente! Purtroppo quel numero si riferiva solamente agli infortuni denunciati ufficialmente, in quanto quasi sempre, per una questione di premio assicurativo e di vantaggi (o svantaggi) personali, il lavoratore o la famiglia nei casi di incidenti mortali, preferiscono mantenere il silenzio. Addirittura nei casi di colpa o mancanza personale comprovata, il lavoratore che ha causato l’infortunio deve rispondere personalmente e le sanzioni comminate (a discrezione del datore di lavoro) possono consistere nel pagamento di una multa simbolica ed arrivare fino al licenziamento. In realtà, secondo l’intervistato, nei cantieri in cui ha lavorato, ogni anno circa il 3% dei lavoratori hanno infortuni di una certa gravità anche se ne viene registrato mediamente soltanto uno; durante l’intera carriera lavorativa è stato inoltre testimone di 3 infortuni mortali.

Il difficile periodo dell’adolescenza tra cyberbullismo e blue whale | Corso sicurezza lavoro Dalmine

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Il difficile periodo dell’adolescenza tra cyberbullismo e blue whale

Corso sicurezza lavoro Dalmine

Analizzando l’agghiacciante fenomeno della Blue Whale, mi è venuto alla mente il più grande suicidio di massa del 1978 in Guyana (Sud America). 912 persone decidono di togliersi la vita ingerendo una dose letale di cianuro.

Mi domando, ma credo non solo io, come possa essere riuscito un solo uomo, a convincere così tante persone a subire soprusi, a farsi del male, ad accettare torture ed umiliazioni, fino a condurle alla morte….

Con una grande capacità persuasiva, Jones, è questo il nome del predicatore “assassino”, riusciva a modificare la percezione della realtà dei suoi seguaci, sia con convincenti sermoni, sia isolandoli dal resto della società. Egli utilizzava la cosiddetta tecnica del “piede nella porta” che consisteva nel chiedere inizialmente un piccolo favore, seguito da richieste man mano più grandi e sconvenienti, ma sempre collegate tra loro, fino ad arrivare alla richiesta di suicidio.

Sono cambiati i tempi e gli strumenti, fatto sta che la tecnica è la stessa. Regole di gioco che diventano mano a mano sempre più complesse e che inducono gli stessi giocatori a tessere una tela di cui poi saranno vittima, alterazione della realtà e dei propri confini, isolamento dalla società. Riuscire a creare un distacco sia cognitivo che emotivo dal mondo reale, è lo scopo di questi psicopatici, consentitemi di chiamarli così perché proprio non mi viene in mente un altro termine, che, costruendo false convinzioni, fanno sentire gli amministrati, vittime sacrificali predestinate, quindi di particolare valore all’interno di quella comunità mortale. Ovviamente è tutta una messa in scena per portare a compimento il loro piano diabolico.

Come nel 1978, anche la generazione 2.0 sembra vivere su un doppio binario che, grazie all’invisibilità del web, si isola dal mondo conoscibile, costruendo identità confuse e bollate che non fanno altro che si possa ripetere lo stesso copione di qualche anno fa. Dall’esterno tutto sembra andare bene e nessuno coglie segni di disagio o sofferenza. E allora, l’immagine che prepotente si affaccia nella mia mente è quella di uomini che sopravvivono in bilico tra un paradiso esteriore, fasullo, ed un inferno che si affaccia continuamente adattandosi ad una realtà corrotta, fatta di incertezze, di abusi mentali e spirituali, di pregiudizi ed ostilità.

Narcotizzarsi è l’unico modo che si ha per sopravvivere all’inferno. Alcuni decidono di farlo con l’alcol, altri con le droghe, altri infliggendosi punizioni, altri ancora sentendosi vittime sacrificali: tutto ciò consente di creare mondi e dimensioni che portano fuori dall’inferno, perché il cervello, riproducendo un’immagine di sé sfalsata ed, in qualche modo, allucinata, conduce, inesorabile, all’eutanasia mentale. Ed è proprio approfittando di questo stato che qualche “pifferaio paranoico” si insinua nella vita dei nostri ragazzi, soggiogandoli e convincendoli che l’unico modo che hanno per “avere un posto di valore nel mondo” è proprio quello di non essere al mondo.

Possiamo chiamarli curatori, predicatori, carnefici… il risultato è sempre lo stesso. In tutti questi fenomeni (suicidi di massa, blue whale, bullismo o cyber bullismo) appare evidente, come la vita venga desacralizzata, mentre la morte, virtualizzata, rappresenta l’unico modo per guadagnarsi “l’immortalità”… peccato, però, che mai nessuno sia potuto tornare indietro per vedere come davvero va a finire.

Mondi fasulli che, anziché diventare una sorta di strumento di “evasione”, diventano un altro modo per ricalcare la realtà corrotta.

Soprattutto nel web si assiste alla celebrazione della  morte, che rappresenta, nell’immaginario collettivo degli adolescenti, l’unica forma di comunicazione, l’unico modo di affermare “avete visto? Io esistevo!”.

Il mondo social e i media, d’altro canto, non fanno altro che spettacolarizzare le morti e, affrontando in maniera superficiale il suicidio di un ragazzo che ha giocato alla Blue Whale, fanno breccia nella fragilissima sensibilità degli adolescenti, spingendoli a credere che, l’unica via possibile di affermazione del se’, sia compiere un gesto che tutti possano guardare.

Il mondo degli adolescenti non è criptico, ma vivendo in una fase di passaggio piuttosto burrascosa, se vogliamo mortifera perché devono simbolicamente uccidere il bambino per far nascere l’adulto, si trovano a vivere ansie ed angosce che fanno parte del ciclo di vita. Quando però, questa naturale sfida evolutiva diventa troppo difficile, e anche gli educatori adulti fanno fatica a relazionarsi con questo nuovo Essere misterioso, subire la “fascinazione” dell’omologazione è quasi un passaggio obbligato.

Fa specie pensare che l’adolescente debba riuscire da solo a cogliere l’essenza dell’essere uomo, non come qualcosa che rimane per sempre, ma come colui che, di passaggio, ne lascia comunque traccia. È la società adulta che, ironizzando, ha espropriato la morte del tabù e degli scenari ideologici, religiosi e mitici che le erano propri, rendendola talmente tanto accessibile e quotidiana, che il nostro ruolo è divenuto quello di “contabili di decessi” e inermi spettatori.

Credo fermamente che, il vero tabù dell’educazione di oggi, sia quello di parlare della morte, ricollocandola e ridandole la giusta centralità dimensionale, perché il morire non continui ad essere concepito come una macabra affermazione del senso della vita, ma come un momento che va rispettato in tutta la sua sacralità.

Siamo riusciti ad erigere una società che si basa sulla potenza di gesti umani violenti, quale unica modalità per comunicare, inscrivendo il male di vivere nelle nostre abitudini quotidiane. Immobili ed inermi, autorizziamo che la morte, gli assassini e i suicidi entrino e la facciano da padroni nelle nostre case. I nostri ragazzi, fragili e scricchiolanti, privati così di radici autentiche, giungono, inconsciamente, alla conclusione che tutto è male e se tutto è male, forse l’unico modo per avere il bene, è nel veder morire e nel dare la morte.

La società adulta deve sentirsi colpevole perché ha depauperato i ragazzi e le ragazze di sogni, speranze, della voglia di ribellarsi e di contestare, incitandoli all’omologazione acritica ed all’appiattimento del senso della vita, in cui diversità e sconfitte non devono essere percepite come segni di inadeguatezza, ma come parti di un bricolage, necessari, affinchè si possa strutturare un individuo ed un adulto sano.

La ricerca della messa in scena della morte, come quel ragazzo che si reca sui binari mentre il treno sta per arrivare, non sono altro che tragici racconti di ciò che ha creato l’organizzazione sociale. La Blue Whale attecchisce perché trova terreno fertile nei ragazzi che sono già abituati alle rappresentazioni  violente, e vivere esperienze che li porta a superare i propri limiti e confini li avvince, scatenando energie e pulsioni insospettate.

Emergenza, così la chiamiamo…. Nel dizionario emergenza viene definita come circostanza imprevista, ma credo davvero che la Blue Whale, il cyberbullismo e tanti altri fenomeni che catturano l’attenzione dei nostri giovani, non siano altro che la tentacolare rappresentazione di tutto ciò a cui li abbiamo mal – educati, privandoli di quegli spazi e di quei luoghi, in grado di poter dare a quei “frammenti di vita”, senso, originalità e dimensioni identitarie.

Aiutiamoli a crescere perché la potenza dei gesti umani, in questo mondo, ha ancora un grandissimo valore.

 

A cura di Giuseppina Filieri – Vicepresidente Fondazione Asso.Safe

Solo la coordinazione tra mezzi e uomini può limitare i danni in caso di incendio | Corso Addetto Antincendio Bergamo

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Solo la coordinazione tra mezzi e uomini può limitare i danni in caso di incendio

Corso Addetto Antincendio Bergamo

Nel corso degli ultimi 20 anni le opere relative all’incremento dei livelli di sicurezza antincendio hanno avuto, nel nostro paese, un netto miglioramento, grazie alla maggior conoscenza diffusa, alle procedure più dedicate alla dimostrazione delle prestazioni e, più recentemente, all’entrata in vigore del DPR 151.

La gestione della sicurezza in genere e della sicurezza antincendio in particolare dovrà adesso assumere importanza via via maggiore, con il crescere la consapevolezza, negli operatori, della sua funzione essenziale per il conseguimento di un accettabile livello di sicurezza.

Negli anni scorsi un’intensa attività è stata dedicata, da tutti gli operatori, al miglioramento del processo di realizzazione di quelle che possiamo definire come “le opere” finalizzate al conseguimento di un certo livello di sicurezza antincendio di un insediamento. Con il termine opere intendiamo le realizzazioni umane in generale e quindi esse includono le strutture, le finiture, gli elementi di separazione e compartimentazione, ma anche gli impianti ed i sistemi di controllo ed informazione in genere, aventi finalità di miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio. Non esistono più realizzazioni in questo campo che non siano svolte “in osservanza” ad una normativa tecnica riconosciuta (nazionale, europea od internazionale che sia), non si pone il problema della messa in opera di una struttura o di un impianto “ad muzzum” come prima accadeva, e soprattutto le opere sono tutte corredate di documentazioni e certificazioni di rispondenza o conformità la cui diffusione è ormai generalizzata.

Certo si dirà, questo è vero in un mondo ideale, perché ancora oggi in tanti casi la ricerca della “famigerata documentazione“ per la presentazione della SCIA, ad esempio, può rappresentare per molti professionisti del settore antincendio un percorso lungo ed irto di ostacoli. Ma quello che si vuole dire è che la consapevolezza della necessità di aderenza ad una norma tecnica riconosciuta nella realizzazione e la necessità di documentare e certificare quello che si realizza è ormai condivisa, sebbene poi ci siano quelli che non lo fanno, pensando così di essere più “bravi” degli altri, come purtroppo accade sin troppo spesso per il rispetto delle regole nel nostro paese.

Anche a livello di controllo, le nostre istituzioni rappresentate in questo campo dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, hanno fatto dei notevoli passi avanti e la verifica delle opere tramite la verifica delle documentazioni ad esse relative, è diventata più efficace e puntuale, ponendo sempre più quelli “bravi” di cui si diceva prima, nella condizione di doversi ricredere circa la loro presunta bravura.

Quello che vogliamo dire è che, se pure con tutti i difetti  propri della nostra realtà tecnica e professionale, la situazione in materia di realizzazioni finalizzate al miglioramento della sicurezza antincendio ha fatto passi avanti notevoli e si sono poste le basi per un miglioramento continuo della qualità delle realizzazioni man mano che la consapevolezza e la preparazione degli operatori migliorerà.

Vorremmo poter dire che la stessa consapevolezza sul fatto  che la sicurezza contro l’incendio e contro i maggiori eventi catastrofali in genere si gioca soprattutto sulle modalità di gestione si sia diffusa analogamente fra gli operatori e fra le autorità che di questo si occupano, ma penso che quest’affermazione sia meno sostenibile al momento.

Dovrebbe esistere, soprattutto negli utenti, la consapevolezza che gli incendi che producono i danni maggiori sono quelli che si verificano in concomitanza con tutta una serie di condizioni sfavorevoli, che non solo non contribuiscono a ridurre la possibilità che l’incendio si verifichi, ma soprattutto impediscono ai sistemi predisposti per il suo controllo di operare correttamente, trasformando un evento che potrebbe risolversi in un successo dei sistemi antincendio e delle squadre di emergenza in un evento a grande impatto catastrofico.

Gli esempi che si registrano ormai sempre più frequentemente di grandi calamità naturali dovute a eventi atmosferici sempre più estremi insegnano come solo un’attenta attività di monitoraggio delle condizioni “al contorno” possa aiutare a ridurre le conseguenze di eventi che non è nelle nostre facoltà evitare in alcun modo.

La ratio di questa impostazione richiede uno sforzo che potremmo definire “culturale” nel nostro paese, con l’affermazione che non è tanto o solo l’incendio che si deve prevenire, ma sono soprattutto i sistemi e l’organizzazione in grado di contrastarne lo sviluppo e la propagazione che devono essere efficienti ed efficaci in modo da far sì che l’eventuale incendio, quand’anche si verifichi, possa essere controllato e ridotto nelle sue conseguenze ad un livello accettabile per l’attività in esame.

È questa un’impostazione che difficilmente riesce a fare breccia nelle nostre consuetudini sempre interessate  a ricercare soprattutto le cause che hanno dato luogo all’evento, anche con grande dispendio di energie, invece che ricercare i motivi per cui quell’evento, per il controllo del quale erano con ogni probabilità, stati predisposti grandi mezzi di contenimento e controllo, ha potuto svilupparsi senza essere né limitato né controllato.

Nella nostra cultura la ricerca delle cause serve a dare motivazione all’accaduto, il cui mancato controllo è, come  dire, “…una cosa che succede!”; nella cultura tipicamente calvinista delle società anglosassoni l’incendio che avviene fa semplicemente quello che si suppone che faccia; devono essere i sistemi di controllo che devono operare correttamente! È come dire che noi cerchiamo l’impianto elettrico guasto o la cicca di sigaretta dell’anonimo passante quando analizziamo un incendio avvenuto, gli anglosassoni cercano soprattutto il progettista dell’impianto sprinkler, ove presente, o il costruttore del muro tagliafuoco, per capire se c’era qualcosa di sbagliato nei sistemi di controllo che non hanno fatto il loro dovere.

Le misure preventive a livello di organizzazione.

La prevenzione incendi, e la prevenzione dei danni in genere, è sempre fatta da misure preventive, atte ad evitare l’evento, e misure protettive, atte a contenerne gli effetti. Sulle misure di protezione ha tradizionalmente fatto la parte del leone l’impiantistica e le modalità di costruzione, con installazione di impianti di rilevazione ed allarme e di lotta  contro l’incendio e con la costruzione di strutture di sostanziale resistenza in caso d’incendio.

Ben presto però si è potuto constatare che anche le misure di protezione più sofisticate richiedono un notevole sforzo organizzativo, perché possano sortire il loro effetto di controllo; le misure organizzative vanno infatti dalla immediata gestione dei sistemi di controllo, nel momento in cui essi devono entrare in funzione, alla preventiva manutenzione e verifica dei sistemi stessi nelle fasi in cui non devono operare. La questione della disponibilità dei sistemi antincendio e dei sistemi di sicurezza in genere, è stata più volte trattata, quando si parla di manutenzione dei sistemi di sicurezza, ed è il mantenimento della disponibilità a valori il più possibile prossimi all’unità che viene richiesto per gran parte di essi.

Ma non si deve pensare che l’installazione di misure di protezione attive e passive a regola d’arte e la loro regolare manutenzione siano tutto quanto richiesto per la massimizzazione della probabilità che i suddetti sistemi operino bene in caso di evento accidentale dannoso.

Vi è poi anche una gestione “quotidiana” dell’organizzazione, che deve essere tenuta in conto, con una serie di variabili anche minori, ma che possono avere comunque un grande effetto, che devono essere monitorate per avere la massima prestazione attesa dai sistemi di sicurezza. E vi è soprattutto  la gestione dei sistemi in emergenza che ne può esaltare le prestazioni, se corretta, o vanificarne la funzione se sbagliata o intempestiva.

E si badi, qui non si parla di squadre di emergenza attrezzate per la lotta contro l’incendio anche nelle condizioni più difficili; la squadra di emergenza numerosa ed in grado di intervenire su un effettivo incendio oltre le primissime  fasi è un tipo di organizzazione che solo alcune realtà di grandi dimensioni e complessità si possono permettere. No, noi qui parliamo dell’organizzazione minima che qualsiasi insediamento deve predisporre, specie in tutti quei casi in cui si ha presenza di pubblico, come negli alberghi, nei luoghi espositivi, nei locali di spettacolo, nei negozi e nei grandi magazzini in genere, ecc…

Si tratta di un’organizzazione minima che deve saper fare  due cose essenziali:

  • Guidare i presenti verso le uscite, assistendo chi ne avesse eventualmente bisogno;
  • Governare i sistemi di sicurezza presenti fino all’arrivo e durante l’azione dei vigili del fuoco professionali che intervengono, nell’arco di pochi minuti all’evento.

Guidare i presenti verso le uscite rimane certamente la funzione più importante, perché deve svolgersi nei primissimi minuti, e quindi spesso ben prima dell’arrivo dei VVF. È infatti risaputo che le persone presenti in un’attività generica in veste di “persone sveglie non a conoscenza dei luoghi” o peggio ancora di “persone che possono dormire, non a conoscenza dei luoghi” come abbiamo imparato a classificare le persone secondo il Codice di Prevenzione Incendi, non si avviano verso le uscite di emergenza a meno di essere così istruite dal personale allo scopo formato – almeno fino a che le condizioni di sicurezza non precipitano… ma a quel punto è probabilmente troppo tardi! E    quindi il primo e più importante organismo di emergenza da costituire e formare è la squadra di assistenza all’esodo degli occupanti, tarata ovviamente sulle caratteristiche dell’insediamento e della tipologia di persone ivi presenti.

La gestione dei sistemi di sicurezza potrebbe essere considerata di minore importanza, e forse lo è in quanto ha a che fare con la salvaguardia principalmente dell’insediamento stesso più che delle persone presenti. Ma la funzione è importante in ogni caso e deve essere predisposta per tempo perché altrimenti anche l’intervento dei VVF professionali non potrà essere così efficace come potrebbe. Si intende per gestione dei sistemi di sicurezza tutto quello che va dal momento in cui si attiva un allarme, al momento in cui l’emergenza è dichiarata finita! E comprende il funzionamento dei sistemi antincendio in genere, la conoscenza dei sistemi di interblocco e sgancio eventualmente presenti (sgancio energia, blocco ventilazioni, ecc…), l’avvio di eventuali sistemi  accessori di sicurezza quali i sistemi di ventilazione meccanica dei fumi, l’apertura o meno di eventuali sistemi di evacuazione di fumo in maniera manuale, od anche solo l’apertura o chiusura di porte e finestre, ove necessario, la conoscenza dei luoghi che trasforma la quadra di emergenza negli “occhi” dei pompieri, che a quel punto si possono muovere molto più celermente e con sicurezza nell’insediamento, ottenendo risultati ben migliori, ecc…

È chiaro che le suddette attività sono importanti, ma dovrebbe essere altrettanto chiaro che esse non possono essere avviate all’occorrenza, ma devono essere organizzate e costantemente condotte e verificate per poter sperare che siano efficaci nel momento, per fortuna raro del bisogno! Se no facciamo come quel signore che, alla domanda sul perché lui non metteva la cintura di sicurezza in macchina, rispose che l’avrebbe messa subito, in caso di necessità!

A cura di Luciano Nigro – Presidente di Eurofen