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Industria 4.0: la rivoluzione annunciata | Consulente RSPP

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Industria 4.0: la rivoluzione annunciata

Consulente RSPP

Una rivoluzione già iniziata ha portato l’industria ad un nuovo livello tecnologico. Dall’utilizzo massivo di macchine automatizzate all’avvento di internet e dell’intelligenza artificiale. Come saranno gli sviluppi presenti e futuri della tecnologia produttiva?

Se il mondo lo guardiamo a testa in giù, è perché pensiamo che la posizione assunta dai pipistrelli per dormire sia quella più comoda. Ciò che così riusciamo a guardare, è un mondo alla rovescia, in cui i ruoli si sono incontrovertibilmente invertiti, in cui l’illecito diventa lecito, in cui i cantanti ed i comici fanno politica e dove i politici fanno spettacolo. I diritti vengono scambiati per favori, i mariti e le mogli, quando si sentono stanchi del loro rapporto, si eliminano a colpi di accetta, la cultura è diventata un contorno perché superflua e non è richiesta tra i requisiti necessari per fare successo, le buone pratiche e il buon esempio lasciano il posto a malefatte, delitti, ed è normale giudicare stupido chi si ostina ancora a credere che, in tutto ciò, esista qualcosa di buono. Siamo sicuri che parliamo di rivoluzione? Siamo sicuri che non stiamo parlando invece di involuzione? Esistono oggi rivoluzionari? Chi è un rivoluzionario?

Per me, Rivoluzionario è colui che, oggi, ha il coraggio di usare ancora le paroline magiche “grazie, scusa, per favore, buongiorno”, colui che insegna l’educazione e il rispetto, colui che prova ancora quel sano senso di riverenza per i “saggi”, colui che insegna a fare le cose con gentilezza e prova gratitudine per le cose che ottiene. Pretendere, mercificare, comprare e scambiare: queste sono le combinazioni che fanno dell’uomo del XXI secolo un essere vincente. E se da un lato assistiamo a profondi cambiamenti (politici, sociali ed economici), dall’altro stiamo assistendo ad un “umano” che nasce, cresce e si sviluppa, ascoltando istinti e pulsioni, e se un tempo con l’intellighentia veniva purgata l’utopia, oggi con la stupidità vengono alimentati i peccati.

La percepisci, ma non riesci a sintetizzarla quest’apatia letargica. Uno degli indicatori fondamentali, che ti dà l’indicazione di quanto sia presente all’interno di un contesto (lavorativo, relazionale, umano) è la mancanza di curiosità. Ecco per me, ad una involuzione corrisponde necessariamente una mancanza di curiosità. Ma questa è una storia che ricomincia ogni volta, una storia che verrà raccontata nei libri, una storia che ha in sé il peso di un’eredità. La chiameremo parabola o legenda, ma di certo, come in un sogno dai contorni sfumati, parlerà della cultura e della politica del nostro Paese.

E ci ritroviamo, così, a pieno titolo, come un fuoco d’artificio, troppo carico di ambizione e fallimento, a vivere da una parte l’involuzione 1.0 e dall’altra, la rivoluzione industriale 4.0.

Lo stupore, la curiosità, il terrore e l’entusiasmo sono sentimenti che albergano nel mio animo parlando di rivoluzione industriale. Già perché se penso a quello che ho letto nei libri di storia, mi vengono alla mente immagini di roghi, di fiamme, di gente che si ribella, di gente che lotta….

La prima rivoluzione industriale interessa il settore tessile e metallurgico, con l’introduzione della macchina a vapore nella seconda metà del ‘700. A partire dal 1870 viene convenzionalmente fatta partire la seconda rivoluzione industriale con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Ci si riferisce, invece, agli effetti dell’introduzione massiccia dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica nell’industria, come alla terza rivoluzione industriale, che viene fatta partire intorno al 1950. Quest’ultima, conosciuta anche come rivoluzione digitale, segna il passaggio dalla meccanica, dalle tecnologie elettriche e da quelle analogiche alla tecnologia digitale, sviluppatasi nei Paesi più avanzati mediante l’adozione e la diffusione capillare di computer e la conservazione dei documenti in formato digitale. Che tutto il ‘900 sia stato un periodo di forti rivoluzioni e cambiamenti, lo dice anche la forte spinta alla trasformazione della struttura produttiva, e, più in generale del tessuto socio – economico. Innovazione tecnologica che ha inevitabilmente portato allo sviluppo economico della società. Terza rivoluzione, quindi, legata all’innovazione data dalla nascita dei computer, dei robot, della prima navigazione spaziale e dei satelliti.

E poi, di colpo, ci ritroviamo ad assistere ad un cambiamento epocale, la cui portata e dimensioni apre la strada a strategie, modelli e paradigmi nuovi. Stiamo parlando della Quarta Rivoluzione Industriale. Le parole chiave di questa nuova epoca sono: innovazione, ricerca, validazione, produzione e sviluppo di nuovi prodotti e servizi con il minimo comune denominatore costituito da un alto grado di automazione ed interconnessione. Si tratta della rivoluzione dell’interconnessione e dei sistemi intelligenti, delle fabbriche che, collegate in rete, fanno dialogare i macchinari, gli uomini e i prodotti con il solo obiettivo di creare un unico processo produttivo.  È espressione del profondo cambiamento che il mondo della produzione sta vivendo grazie all’integrazione delle smart technologies nei processi industriali manifatturieri. Le principali direttrici di questo fenomeno sono:

Gestione ed archiviazione di grandi quantità di dati disponibili in rete (BIG DATA), in maniera fruibile liberamente (OPEN). Tali dati vengono acquisiti da oggetti dotati della capacità di interagire tra di loro grazie ad una rete (INTERNET OF THINGS): telecomandi, elettrodomestici, automobili. Questi oggetti, opportunamente dotati di sensori, potranno essere interconnessi ad una rete, così come oggi siamo abituati a fare con smartphone o computer.

ANALITICS. Un insieme di tecniche e di algoritmi saranno necessari per estrarre dai dati (BIG DATA) delle in- formazioni utili e, in ultima analisi, ricavarne un valore. A questo proposito lo sviluppo di tecniche di intelligenza artificiale, può giocare un ruolo fondamentale: il machine learning, ossia l’apprendimento automatico delle macchine. Attualmente poco diffuso a livello industriale, ma si prevede una vera e propria esplosione nei prossimi mesi e anni. Secondo Fortune il 2017 sarà l’anno dell’Intelligenza artificiale. Potenziamento dell’interazione tra esseri umani e macchine, dal consolidamento del touch screen e i comandi vocali, fino allo sviluppo di sistemi di realtà aumentata per l’ottimizzazione degli spazi di lavoro e dei processi produttivi.

Additive manufacturing, costituito da stampa 3D, utilizzo di robotica avanzata, e interazioni tra automi, tramite cui grandi colossi industriali, come General Electric, sta già puntando a realizzare parti di sistemi complessi, come gli aerei a propulsione. Da dove nasce l’Industria 4.0? Da un progetto del governo tedesco che ha avuto origine nel 2012, con l’idea di accrescere la competitività dell’industria manifatturiera tedesca. A ottobre del 2012 un gruppo di lavoro formato da ricercatori e rappresentanti dell’industria presenta al governo federale tedesco una serie di raccomandazioni per l’implementazione di una strategia di sviluppo di soluzioni avanzate nell’industria manifatturiera. Ma quali sono gli effetti che ci aspettiamo da questa rivoluzione? Da un lato avremo la nascita di nuovi posti di lavoro (con  la creazione di posti di lavoro prima sconosciuti), dall’altro una notevole perdita di posti di lavoro. A Novembre 2015 il MiSE ha presentato un documento intitolato “Industry 4.0, la via italiana per la competitività del manifatturiero”, nel quale sono state indicate 8 aree di intervento per promuovere lo sviluppo dell’industria 4.0 e trasformarlo in opportunità di lavoro e crescita. Ma ahimé, nonostante l’impegno dimostrato dal governo italiano, l’Italia appare molto indietro ed in ritardo sull’industria 4.0. Alla consapevolezza della necessità di evoluzione dimostrata dagli imprenditori, non corrisponde un’adeguata riorganizzazione delle aziende, dei processi della formazione. Mi sa che il cammino è ancora molto lungo.

Dott.ssa Giuseppina Filieri, A.D. della Fondazione Asso.Safe

Punto di Vista – Novembre 2017

È stata costituita Confidal un nuovo soggetto a garanzia del mondo del lavoro | Consulente RSPP Bergamo

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È stata costituita Confidal un nuovo soggetto a garanzia del mondo del lavoro

Consulente RSPP Bergamo

Sviluppo, crescita, sostegno alle imprese, informazione, sono solo alcune tra le priorità condivise da ADLI, ASSIDAL E UNAPRI, che hanno portato alla nascita della Confederazione Italiana Datoriale Attività Lavorative, in sigla CONFIDAL.

È vero che è dal bisogno che nascono i progetti, ma è anche vero che, avere la consapevolezza che l’arma vincente sia la sinergia, quando c’è il perseguimento di finalità comuni, che nascono le alleanze.

Ed è proprio dalla comunione di intenti tra queste tre realtà che, il 13 settembre scorso, con Atto Costitutivo, registrato presso l’Agenzia delle Entrate a Pescara il 19 settembre, ha preso vita CONFIDAL.

La premessa assunta dalle parti che hanno sottoscritto l’intesa, è che, avere una visione integrata tra mondo del Lavoro, mondo dell’Educazione, mondo del Sociale, e non ultimo, mondo delle Norme, sia fondamentale per la crescita e lo sviluppo di una cultura della sicurezza.

La domanda di partenza è se esista un progetto integrato che tenga conto di questi elementi, quali parti fondanti di un patto o di un’alleanza.

Certo che esiste ed è frutto della prima evidenza emersa dalle riflessioni delle tre associazioni: in Italia la “tutela” non esiste. Esistono, invece, le TUTELE, come realtà molteplici e diversificate, in contesti, a loro volta caratterizzati da ricchezze, complessità e differenze, derivanti dai diversi servizi offerti dalle associazioni che cooperano attivamente. Siamo da sempre convinti che far rete sia l’unico diktat, l’unica modalità affinché i progetti trovino una fattiva realizzazione, al di là di un forte impegno personale e associativo.

E se nel nostro paese si sta sempre di più diffondendo la cattiva abitudine  del binge drinking (bere fuori pasto), allo stesso modo si dovrebbero diffondere reti, fatte di persone, associazioni, realtà che, pur mantenendo una vita propria, possano unirsi per dare al mondo del lavoro (in questo caso ai datori di lavoro), input, informazioni, progetti, risorse e tutto quanto possa “essere a tutela del datore di lavoro”.

CONFIDAL si pone quindi come obiettivo la condivisione delle esperienze e conoscenze, siano esse di tipo tecnico, scientifiche o organizzative personali, non solo per una sistematizzazione e valorizzazione delle esperienze di successo, ma affinché si possano garantire la stipula e la manutenzione dei “patti educativi all’interno delle aziende”.

Essere in grado di mappare bisogni, valutare gli interventi più efficaci da adottare all’interno delle aziende, tenendo conto delle esigenze dei singoli e sulla base dell’andamento di mercato, sono solo alcune tra le capacità dei professionisti che fanno parte della confederazione.

È solo tenendo conto di tutti questi fattori che si è capaci di individuare, raccogliere dando vita alle buone prassi da realizzare all’interno delle aziende.

Dal lavoro di progettazione, a quello della formazione, emerge una forte necessità di rilancio della riflessione, sull’aspetto della “informazione per far prevenzione” affinché si ragioni “a monte” e non solo “a valle”.

L’intervento della norma della sicurezza sul lavoro è visto, in molti casi, come una “toppa” sul buco creato dalle stesse istituzioni, come una “corsa al recupero degli ultimi”. Il risultato, in questo modo, è l’assenza di azioni “pensate per i penultimi” e la impossibilità di insegnare a ragionare sugli strumenti e le modalità di prevenzione, quale elemento strategico che abitua e consente alle aziende di tenere in sé, molti di coloro che, altrimenti sarebbero “persi”.

Confidal rappresenta una prima occasione di confronto per riflettere e provare ad immaginare una governance partecipata ed adeguatamente articolata. È necessario iniziare a ragionare su un doppio livello: da un lato una struttura – confederazione, di coordinamento centrale, dall’altro il coinvolgimento delle autonomie associative, che ne fanno parte.

Le azioni, quelle più efficaci, sono frutto di una partecipazione progettata e condivisa fra le associazioni costituendi la confederazione e i soci che ne fanno parte.

Il lavoro di prevenzione, di informazione, di diffusione di una cultura alla sicurezza rappresenta un campo tutto da coltivare e al quale occorre dedicare energie.

Si tratta di cogliere la sfida a monte degli infortuni, rendendo visibile che attraverso la riscrittura di buone prassi per ogni azienda (e non un mendace copia incolla), i datori di lavoro sono in grado di trovare soluzioni di prevenzione e protezione anche per quei rischi che, apparentemente, sono senza soluzione di continuità. Queste esperienze di coloro che fanno parte della confederazione sono esempi di “relazione protocollatatra i professionisti (formatori, tecnici, consulenti, ecc) e le aziende.

Cos’è una “relazione protocollata?” Un rapporto, ad esempio, di collaborazione fra un consulente -formatore e un’azienda, che consente di ricostruire e riscrivere un progetto formativo, basato su dei dati oggettivi (assenze per malattie, turn over, alta incidenza di infortuni, assenteismo, ecc), capace di guardare alle persone, e alle loro specificità.

Confidal è tutto questo.

 

Carlo Parlangeli, Presidente di A.D.L.I.

Effetti del demansionamento del dipendente | Corsi sicurezza Dalmine

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Effetti del demansionamento del dipendente

Corsi sicurezza Dalmine

I Giudici di legittimità, Sezione Lavoro, si sono pronunciati, con sentenza 20123/2017, in merito alla vicenda di due lavoratori licenziati illegittimamente.

I due, impugnando il predetto provvedimento, avevano ottenuto il diritto al reintegro nel posto di lavoro, al quale il datore aveva tuttavia dato seguito con largo ritardo. Inoltre il datore, adducendo una importante riorganizzazione aziendale, avvenuta successivamente all’impugnato licenziamento, aveva assegnato i lavoratori a mansioni inferiori a quelle svolte dagli stessi in precedenza, in quanto le stesse non risultavano più disponibili al momento del reintegro dei dipendenti.

Tale condotta appare sicuramente censurabile ed illegittima, ed origina in capo al lavoratore demansionato il diritto al risarcimento del danno.

Il datore difatti, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio nei confronti dei dipendenti, avrebbe dovuto dimostrare non solo che il riassetto organizzativo abbia di fatto eliminato alcune mansioni, bensì che tali mansioni siano state eliminate per cause a lui non imputabile. Ma soprattutto, il datore deve provare la impossibilità di assegnare il lavoratore a mansioni alternative ed equivalenti a quelle svolte in precedenza; a mente dell’art. 2103 c.c., infatti, “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte”. Il dipendente dunque non può essere ragionevolmente chiamato a sopportare le conseguenze delle sorti aziendali, laddove risultino per lui pregiudizievoli.

Sulla scorta delle citate considerazioni, pertanto, in difetto di mancato assolvimento dell’onere della prova -da parte del datore- nei termini suddetti, allo stesso incombe l’onere del risarcimento del danno patito dal lavoratore per l’avvenuto demansionamento.