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Progettare la sicurezza antincendio con il Codice di Prevenzione Incendi | Corso addetto antincendio

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Progettare la sicurezza antincendio con il Codice di Prevenzione Incendi

Corso addetto antincendio

La progettazione della sicurezza antincendio degli edifici e delle attività soggette alle visite ed ai controlli del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (cfr. Allegato I al DPR 151/2011) rappresenta un processo complicato per il progettista ed il titolare o responsabile dell’attività soprattutto quando gli obiettivi di sicurezza devono essere raggiunti in edifici di attività esistenti che si stanno modificando in attività più complesse.

Alla stessa maniera, l’inizio di una nuova attività in un edificio esistente, come il caso di capannoni industriali delle aree ormai non più periferiche delle grandi città che devono essere trasformati in edifici residenziali e di servizio, presenta vincoli molto stringenti alla progettazione della sicurezza antincendio che difficilmente possono trovare soluzioni attuabili con una progettazione meramente prescrittiva basata sulla sterile applicazione di regole tecniche di prevenzione incendi.

L’utilizzo di codici prescrittivi, inoltre, richiede l’applicazione di misure antincendio molto spesso non coordinate e per le quali non è possibile indentificare a priori per ciascuna il proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza richiesti.

Sulla scorta di queste considerazioni, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco dal gennaio del 2014 ha intrapreso un progetto di innovazione della metodologia di progettazione della sicurezza antincendio che ha portato alla pubblicazione sulla gazzetta ufficiale del 20 agosto 2015 del Decreto del Ministero dell’Interno 3 agosto 2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’art. 15 del Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139”, denominato da tutti gli addetti del settore come Codice di Prevenzione Incendi (di seguito COPI).

Il COPI è stato sviluppato condividendo sin dalle fasi di formulazione della nuova proposta normativa, tutti i portatori di interesse, ordini e collegi professionali, associazioni di professionisti ed imprese, consentendo di ottimizzare il processo di razionalizzazione, riorganizzazione ed aggiornamento delle norme tecniche di prevenzione incendi.

Le norme tecniche di prevenzione incendi allegate al DM 3 agosto 2015 sono state sviluppate sulla solida base dei criteri di prevenzione incendi emanati dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco nel corso degli ultimi 40 anni e confrontati con le norme di sicurezza antincendio adottate da enti di normazione sia europea che internazionale. Lo sforzo maggiore è stato quello di riorganizzare, in maniera omogenea, tutti i principi e le misure di sicurezza antincendio all’interno di un solo documento organico e sistematico, contenente disposizioni applicabili a molte delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

Il nuovo approccio metodologico risulta essere, pertanto, più aderente al progresso tecnologico e agli standard internazionali, offrendo quel grado di flessibilità necessario alla progettazione di edifici complessi o di attività esistenti.

La progettazione della sicurezza antincendio con il COPI può essere effettuata su base volontaria: il nuovo testo è alternativo ai decreti ministeriali di prevenzione incendi cosiddetti “orizzontali”, come ad esempio il DM 9 marzo e 16 febbraio 2007 – resistenza al fuoco – DDM 10 e 15 marzo 2005 – reazione al fuoco –, DM 20 dicembre 2012 – protezione attiva – che continueranno a rimanere in vigore.

La ulteriore novità introdotta dal Corpo Nazionale risiede anche nel fatto di non abrogare in modo repentino le attuali disposizioni e criteri di sicurezza antincendio, ma di lasciare in vigore l’attuale corpus normativo assieme al nuovo testo, consentendo a professionisti ed ai committenti di valutare e scegliere lo strumento più idoneo per la progetta-zione, costruzione ed esercizio delle attività nei confronti del rischio incendio.

Il DM 3 Agosto 2015 raccoglie la Regola Tecnica Orizzontale – RTO – riportando tutte le misure (Resistenza al fuoco, Reazione al Fuoco, Compartimentazione, Esodo, Gestione della sicurezza antincendio, Controllo dell’Incendio) della strategia di sicurezza antincendi indipendentemente dalla tipologia di attività soggetta, ed aggiunge a queste “regole comuni” alcune Regole Tecniche Verticali – RTV – che, pur essendo specifiche per la tipologia di area o processo considerato, non si riferiscono ad alcuna delle attività contemplate nell’allegato I del DPR 151/2011. Le RTV presenti nell’allegato tecnico al DM 3 agosto 2015 sono, infatti: Capitolo V1 “Aree a rischio specifico”, Capitolo V2 “Aree a rischio per atmosfere esplosive” e Capitolo V3 “Vani corsa ascensori”. È possibile utilizzare il codice anche per tutte le attività soggette dotate di regola tecnica verticale.

Ad oggi le RTV pubblicate sono quella degli Uffici (RTV 4) , Alberghi (RTV 5), Autorimesse (RTV 6) e scuole (RTV7). Si segnala, inoltre, che alla data di pubblicazione di questo articolo è stata approvata la RTV per i centri commerciali.

La progettazione della sicurezza antincendi con il COPI si concretizza sempre passando dalla valutazione del rischio incendio dell’attività che, come risultato finale, consente di determinare i profili di rischio Rvita, Rbeni ed Rambiente.

Il profilo di rischio vita viene stabilito in funzione di due parametri, il primo relativo alla tipologia di occupanti (in stato di veglia, che conoscono o meno i luoghi, che possono essere addormentati) ed il secondo parametro legato al rilascio di energia termica dell’incendio prevedibile nel compartimento oggetto di valutazione del rischio.

Il tasso di rilascio termico dell’incendio, definito in letteratura tecnica come Heat Release Rate (HRR), descrive incendi lenti, ovvero che rilasciano una potenza termica di 1000 kW in 600 s sino a incendi ultraveloci dove la potenza termina di 1000 kW viene raggiunta in meno di 75 s. Il rischio beni (Rbeni) si ricava considerando se l’attività è soggetta e/o vincolata ma può tener conto anche della necessità non voler interrompere l’attività in caso di incendio (business continuity).

In ultimo il Rischio ambiente deve essere valutato e mitigato progettando l’attività in modo da limitare, sino ad un livello accettabile, la compromissione dell’ambiente in caso di incendio. Con i risultati della valutazione del rischio ed i profili di rischio vita, beni ed ambiente, si possono selezionare i livelli di prestazione di ciascuna misura antincendio. Infine, per ciascuna misura antincendio il COPI mette a disposizione una soluzione conforme di immediata applicazione, ma, nel caso di impossibilità di attuazione della soluzione conforme, consente di ricorrere a soluzioni alternative utilizzando gli strumenti di progettazione messi a disposizione dalla ingegneria della sicurezza antincendi (capitoli M.1, M.2 ed M.3 del COPI).

La possibilità offerta da COPI di attuare soluzioni conformi e di ricorrere, ove necessario, a soluzioni alternative, definisce questa metodologia di progettazione come “semi prestazionale”. In ultimo, si rappresenta che le norme tecniche di prevenzione incendi non saranno scolpite sulla pietra, il testo è stato progettato affinché ciascuna misura di sicurezza antincendi possa essere aggiornata in funzione dell’evoluzione tecnologica o emendata alla luce dell’aggiornamento normativo europeo ed internazionale.

Ing. Piergiacomo Cancelliere, Direttore Vice Dirigente CNVVF

Normativa riguardante le Procedure di Collaborazione con gli Organismi Paritetici | Formazione sicurezza lavoro

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Normativa riguardante le Procedure di Collaborazione con gli Organismi Paritetici

Formazione sicurezza lavoro

Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81

Articolo 2, comma 1, lettera ee):

«organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia.

Articolo 51, Organismi paritetici:

gli organismi sono prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
Gli organismi paritetici possono supportare le imprese nell’individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Gli organismi paritetici svolgono o promuovono attività di formazione, anche attraverso l’impiego dei fondi interprofessionali …, nonché, su richiesta delle imprese, rilasciano una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese…

Articolo 37, Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti:

  1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
    a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
    b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
    2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
    7. I dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
  2. I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza devono ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; ….
    10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
    12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

Accordo Stato Regioni 21 dicembre 2011 n. 221 (formazione lavoratori, preposti, dirigenti):

durata, contenuti minimi, modalità di formazione, aggiornamento. Requisiti dei docenti (esperienza triennale). Organizzazione della formazione: soggetto organizzatore, responsabile corso e nominativo docenti, numero massimo di 35 partecipanti, registro presenze, obbligo di frequenza del 90%, contenuti (tenendo presente età, genere, lingua, ecc.). Metodologie di apprendimento (esercitazioni teoriche e pratiche, e-learning). Percorso formativo: 4 ore formazione generale + 4/8/12 formazione specifica. Formazione preposti: +8 ore. Formazione dirigenti sostitutiva: 16 ore. Aggiornamento lavoratori, preposti, dirigenti: 6 ore ogni 5 anni.

Accordo Stato Regioni 21 dicembre 2011 n. 223 (formazione datori di lavoro che svolgono attività di RSPP):

contenuti, articolazioni, modalità di espletamento del percorso formativo, aggiornamento. Soggetti formatori (regioni, università, INAIL, sindacati, enti bilaterali, ecc.) e requisiti docenti. Organizzazione dei corsi: responsabile del progetto formativo e docente, numero massimo di 35 partecipanti, registro presenze, 10% assenze ammesse. Metodologie di apprendimento (metodologie interattive). Percorso formativo: rischio basso 16, rischio medio 32, rischio alto 48 ore. Valutazione e certificazione (colloquio o test). Aggiornamento ogni 5 anni: 6 ore (basso), 10 ore (medio), 14 ore (alto). Esercizio di nuova attività: obbligo entro 90 giorni.

Circolare n. 7, 17 settembre 2012, Regione Lombardia

Enti bilaterali e organismi paritetici. Procedure per la richiesta di collaborazione. Riconoscimento della formazione pregressa: datori di lavoro e dirigenti (effettuata entro l’11 gennaio 2012) 5 anni, lavoratori e preposti (effettuata entro l’11 gennaio 2012) 12 mesi (se fatta prima dell’11 gennaio 2007) 5 anni (se fatta dopo l’11 gennaio 2007). Modalità di erogazione (registro presenze, ore, nominativi docenti, modalità organizzative, valutazione e certificazione, prove finali). Rilascio attestati (Modigliani bianco A4). Lista Organismi Paritetici.

Circolare n. 20, 25 ottobre 2013, Regione Lombardia (attrezzature di lavoro)

Il questionario pre-formativo | Corsi sicurezza Bergamo

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Il questionario pre-formativo

Corsi sicurezza Bergamo

Introduzione

La realtà lavorativa analizzata è una scuola primaria in provincia di Bergamo. Nella scuola lavorano stabilmente quindici insegnanti, treausiliari personale ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario), e due addetti mensa di un’impresa appaltatrice; occasionalmente sono presenti anche esperti per progetti formativi educativi. Durante le lezioni la presenza del personale docente e non docente varia secondo i giorni e gli orari; non tutti i lavoratori hanno la stessa tipologia contrattuale e svolgono le medesime ore lavorative. La maggior parte del personale è stabile da più di dieci anni ma ci sono insegnanti che ricoprono incarichi annuali e variano di anno in anno. Non sono presenti lavoratori comunitari o extracomunitari; tutto il personale ha nazionalità italiana. Negli ultimi venti anni non si sono verificati infortuni di importanza rilevante al personale dipendente. L’edificio scolastico risale agli anni ’50 e ha avuto una significativa ristrutturazione negli anni ’90. E’ composto da due piani fuori terra e un piano seminterrato, usato come magazzino. E’ dotato di segnaletica e cartellonistica, mappe con piano di evacuazione, con segnalazione dei punti sicuri e del luogo di raccolta. Il piano di evacuazione è rielaborato di anno in anno con particolare attenzione alla presenza di bambini disabili. È presente un’aula computer, non ci sono aule di scienze e di chimica. Ogni aula ordinaria ha in dotazione un computer e, in alcuni casi, una lavagna interattiva multimediale. Il locale adibito a mensa si trova al piano terra, non sono presenti cucine in quanto il cibo servito è preconfezionato. La palestra è completamente fuori terra ed è separata dal complesso principale.

Struttura del questionario

Come asserzione introduttiva è stata riportata la frase: “Il seguente questionario riguarda la sicurezza sul luogo di lavoro ed è in forma totalmente anonima. I dati raccolti verranno utilizzati per uno studio con finalità statistica e di ricerca.” Si cerca quindi di spiegare la motivazione e le finalità del questionario e viene inoltre sottolineato il totale anonimato dello stesso. Sono state poi redatte quindici domande, quattordici a risposta multipla e soltanto l’ultima a risposta aperta. Le prime cinque domande sono di carattere personale e anagrafico: viene chiesto il sesso, l’età, il titolo di studio, l’anzianità lavorativa e le ore lavorative settimanali. Seguono nove domande, sempre a risposta multipla, riguardanti il tema della sicurezza. Le prime tre sono di carattere generale e riguardano il ruolo di ognuno e la sua conoscenza pratica: “Hai un ruolo attivo nella sicurezza?”, “Sei a conoscenza del piano di evacuazione?”, “Si effettuano regolarmente le prove antincendio?”. Le successive due domande vogliono approfondire il grado di rischio percepito e chiedono di specificare quali sono tali rischi: “Quanto ti senti sicuro nel luogo dove lavori?” e “Quali sono i principali rischi presenti?”. Segue una domanda specifica: “Hai mai avuto infortuni sul lavoro?”. Le ultime sono inerenti alla formazione individuale: “Hai già avuto esperienze formative?”, “Ritieni utile un corso di formazione?”, “Quale corso ritieni più utile tra i seguenti?”. Nella parte finale è riportata una domanda aperta, l’unica del questionario: “Cosa ti aspetti da un corso sulla formazione?”.

Dati anagrafici

 Personale Sesso Età Titolo di studio Anzianità lavorativa (anni) Ore lavorative settimanali
F M 20-30 31-40 41-50 51-60 E M S L 0-10 11-20 21-30 31-40 0-10 11-20 21-30 31-40
 Questionario 1 x x x x x
 Questionario 2 x x x x x
 Questionario 3 x x x x x
 Questionario 4 x x x x x
 Questionario 5 x x x x x
 Questionario 6 x x x x x
 Questionario 7 x x x x x
 Questionario 8 x x x x x
 Questionario 9 x x x x x
 Questionario 10 x x x x x
 Questionario 11 x x x x x
 Questionario 12 x x x x x
 Questionario 13 x x x x x
 Questionario 14 x x x x x
 Questionario 15 x x x x x
 Questionario 16 x x x x x
 Questionario 17 x x x x x
 Questionario 18 x x x x x
 Questionario 19 x x x x x
 Questionario 20 x x x x x
 Questionario 21 x x x x x

E: elementare, M: scuola media inferiore, S: scuola media superiore, L: laurea

Al questionario hanno risposto in totale ventuno persone: venti donne e un solo uomo. Solo due persone hanno tra i 20 e i 30 anni, tre hanno tra i 31 e i 40 anni, sette hanno tra i 41 e i 50 anni e nove hanno tra i 51 e i 60 anni. Si rileva quindi che il personale ha un’età media piuttosto avanzata, pochissimi sono i giovani. L’esperienza del personale risulta essere di livello medio-alto, dato supportato anche dall’anzianità lavorativa: solo due persone stanno lavorando da meno di 10 anni, sei da 11 a 20 anni, otto da 21 a 30 anni e cinque da 31 a 40 anni. Si deduce che sono lavoratori con una certa esperienza sia dal punto di vista personale che dal punto di vista lavorativo. Il livello educativo è anch’esso medio-alto: la maggior parte (quindici persone) ha come titolo di studio la scuola media superiore e cinque sono laureati.

 Dati riguardanti la sicurezza

 Personale Ruolo attivo Piano di evacuaz. Prove antincen. Quanto ti senti sicuro Principali rischi Infortuni precedenti
No P PS A Si No Si No 1 2 3 4 5 No <40 >40
Questionario 1 x x x x x
Questionario 2 x x x x IN, CH x
Questionario 3 x x x x IG, PO, ST x
Questionario 4 x x x x RU, IG, PO, ST, EL x
Questionario 5 x x x x PO, FE x
Questionario 6 x x x x x
Questionario 7 x x x x PO, CH, BI x
Questionario 8 x x x x ST x
Questionario 9 x x x x AT, BI x
Questionario 10 x x x x IN, AT x
Questionario 11 x x x x x ST x
Questionario 12 x x x x AT, FE x
Questionario 13 x x x x PO, CH, BI x
Questionario 14 x x x x SI x
Questionario 15 x x x x RU, ST x
Questionario 16 x x x x x
Questionario 17 x x x x x RU, ST x
Questionario 18 x x x x RU, IG, PO, ST x
Questionario 19 x x x x FE x
Questionario 20 x x x x x ST x
Questionario 21 x x x x RU, IG, PO x

P: preposto, PS: primo soccorso, A: antincendio

IN: incendio, SI: sismico, RU: rumore, IG: igienico, PO: posturale, CH: chimico, AT: uso attrezzature, ST: stress lavoro-correlato, US: ustione, FE: ferite, BI: biologico, EL: elettrocuzione

Nella scuola sono presenti due preposti, due addetti antincendio e due addettial primo soccorso; un’insegnante ha funzioni sia di preposto che di addetto antincendio. Solo un lavoratore non è a conoscenza del piano di evacuazione e la grande maggioranza sostiene di effettuare regolarmente le prove antincendio. Il grado di sicurezza percepito è medio alto: solo due lavoratori ritengono di essere poco sicuri sul luogo di lavoro, mentre la maggior parte (otto) si ritengono mediamente sicuri, undici abbastanza sicuri. Interessante è l’analisi dei rischi percepiti: lo stress da lavoro-correlato ha ricevuto la maggioranza delle segnalazioni (otto). Seguono i rischi posturali (sette), cinque indicano come rischio il rumore e sette il rischio biologico o igienico. I rischi ferite (tre), attrezzature (tre), incendio (due), sismico (uno) sono poco considerati.

Dati riguardanti la formazione

Personale Esperienze formative Ritieni utile la formazione Corso più utile
Si No Si No FG RE EM AN PI PS PC
Questionario 1 x x
Questionario 2 x x x
Questionario 3 x x x
Questionario 4 x x x
Questionario 5 x x x
Questionario 6 x x x
Questionario 7 x x x x x
Questionario 8 x x x
Questionario 9 x x x
Questionario 10 x x x x
Questionario 11 x x x
Questionario 12 x x x
Questionario 13 x x x x x x
Questionario 14 x x x
Questionario 15 x x x x
Questionario 16 x x x
Questionario 17 x x x
Questionario 18 x x x x
Questionario 19 x x x
Questionario 20 x x x
Questionario 21 x x x

FG: corso di formazione generale, RE: corso “rischio elettrico”, EM: corso comportamenti corretti in caso di emergenza, AN: corso antincendio, PI: corso rischi derivanti da postura incongrua, PS: corso primo soccorso, PC: corso utilizzo di prodotti chimici

Quasi tutti i dipendenti hanno effettuato precedentemente corsi di formazione con l’esclusione di due persone. Eccetto una persona, tutti ritengono utile la formazione e in particolare: otto ritengono utile un corso di formazione generale, otto vorrebbero seguire un corso per comportarsi correttamente in caso di emergenza e ben nove persone vorrebbero effettuare un corso di primo soccorso. Solo un lavoratore è interessato al rischio elettrico, mentre nessuno ritiene realmente utile un corso sull’utilizzo dei prodotti chimici o un corso sul primo intervento in caso di incendio.

Alla domanda finale “Cosa ti aspetti da un corso sulla sicurezza?” non tutti hanno risposto, sei persone hanno lasciato in bianco. Dalle quindici risposte scrittela tendenza sembra essere quella di voler acquisire competenze pratiche; si preferisce l’aspetto concreto, ritenuto più efficace, che quello teorico, ritenuto forse inutile: “Un corso non solo di teoria e buoni propositi”, “Tirocinio, non solo teoria”, “Consigli pratici da applicare in caso di emergenza o soccorso”, “Reali nozioni di intervento pratico per la sicurezza degli alunni”, “Competenze pratiche”. Un altro punto sottolineato da molti è stato la gestione delle emergenze: “Un corso sulla sicurezza dovrebbe fornire tutte le conoscenze necessarie per consentire di mettere in atto comportamenti di prevenzione e di primo soccorso in caso di pericolo”, “Acquisire competenze che permettano di affrontare eventuali situazioni di pericolo con l’autocontrollo necessario e senza lasciarsi prendere dal panico”, “Acquisire sicurezza nell’affrontare situazioni di emergenza”, “Mi aspetto di ricevere informazioni che mi indichino come ridurre i rischi e, in caso di emergenza, di attuare procedure adatte e in modo corretto”, “Far comprendere a tutti quanto sia realmente importante saper prendere la decisione giusta”. Probabilmente la necessità di comportarsi in maniera adeguata in caso di emergenza è legata principalmente alla presenza di bambini; un’insegnante ha sottolineato la particolarità di questa professione: “Il corso deve essermi utile a scuola con alunni tra i sei e i dieci anni”.

Conclusioni

I dati analizzati indicano una percezione del rischio, da parte del personale, più legato a situazioni eccezionali di pericolo piuttosto che a pericoli quotidiani. La maggior parte vorrebbe seguire un corso formativo che tratti tematiche inerenti al primo soccorso, a comportamenti corretti in caso di emergenza e, più in generale, un corso pratico che sia in grado di fornire competenze per la salvaguardia dei minori. A riguardo si potrebbe pensare di formare al primo soccorso,oltre i due addetti designati, tutto il personale insegnante e ATA, o almeno gran parte, in quanto sempre presente in eventuali situazioni di rischio.

Il difficile periodo dell’adolescenza tra cyberbullismo e blue whale | Corso sicurezza lavoro Dalmine

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Il difficile periodo dell’adolescenza tra cyberbullismo e blue whale

Corso sicurezza lavoro Dalmine

Analizzando l’agghiacciante fenomeno della Blue Whale, mi è venuto alla mente il più grande suicidio di massa del 1978 in Guyana (Sud America). 912 persone decidono di togliersi la vita ingerendo una dose letale di cianuro.

Mi domando, ma credo non solo io, come possa essere riuscito un solo uomo, a convincere così tante persone a subire soprusi, a farsi del male, ad accettare torture ed umiliazioni, fino a condurle alla morte….

Con una grande capacità persuasiva, Jones, è questo il nome del predicatore “assassino”, riusciva a modificare la percezione della realtà dei suoi seguaci, sia con convincenti sermoni, sia isolandoli dal resto della società. Egli utilizzava la cosiddetta tecnica del “piede nella porta” che consisteva nel chiedere inizialmente un piccolo favore, seguito da richieste man mano più grandi e sconvenienti, ma sempre collegate tra loro, fino ad arrivare alla richiesta di suicidio.

Sono cambiati i tempi e gli strumenti, fatto sta che la tecnica è la stessa. Regole di gioco che diventano mano a mano sempre più complesse e che inducono gli stessi giocatori a tessere una tela di cui poi saranno vittima, alterazione della realtà e dei propri confini, isolamento dalla società. Riuscire a creare un distacco sia cognitivo che emotivo dal mondo reale, è lo scopo di questi psicopatici, consentitemi di chiamarli così perché proprio non mi viene in mente un altro termine, che, costruendo false convinzioni, fanno sentire gli amministrati, vittime sacrificali predestinate, quindi di particolare valore all’interno di quella comunità mortale. Ovviamente è tutta una messa in scena per portare a compimento il loro piano diabolico.

Come nel 1978, anche la generazione 2.0 sembra vivere su un doppio binario che, grazie all’invisibilità del web, si isola dal mondo conoscibile, costruendo identità confuse e bollate che non fanno altro che si possa ripetere lo stesso copione di qualche anno fa. Dall’esterno tutto sembra andare bene e nessuno coglie segni di disagio o sofferenza. E allora, l’immagine che prepotente si affaccia nella mia mente è quella di uomini che sopravvivono in bilico tra un paradiso esteriore, fasullo, ed un inferno che si affaccia continuamente adattandosi ad una realtà corrotta, fatta di incertezze, di abusi mentali e spirituali, di pregiudizi ed ostilità.

Narcotizzarsi è l’unico modo che si ha per sopravvivere all’inferno. Alcuni decidono di farlo con l’alcol, altri con le droghe, altri infliggendosi punizioni, altri ancora sentendosi vittime sacrificali: tutto ciò consente di creare mondi e dimensioni che portano fuori dall’inferno, perché il cervello, riproducendo un’immagine di sé sfalsata ed, in qualche modo, allucinata, conduce, inesorabile, all’eutanasia mentale. Ed è proprio approfittando di questo stato che qualche “pifferaio paranoico” si insinua nella vita dei nostri ragazzi, soggiogandoli e convincendoli che l’unico modo che hanno per “avere un posto di valore nel mondo” è proprio quello di non essere al mondo.

Possiamo chiamarli curatori, predicatori, carnefici… il risultato è sempre lo stesso. In tutti questi fenomeni (suicidi di massa, blue whale, bullismo o cyber bullismo) appare evidente, come la vita venga desacralizzata, mentre la morte, virtualizzata, rappresenta l’unico modo per guadagnarsi “l’immortalità”… peccato, però, che mai nessuno sia potuto tornare indietro per vedere come davvero va a finire.

Mondi fasulli che, anziché diventare una sorta di strumento di “evasione”, diventano un altro modo per ricalcare la realtà corrotta.

Soprattutto nel web si assiste alla celebrazione della  morte, che rappresenta, nell’immaginario collettivo degli adolescenti, l’unica forma di comunicazione, l’unico modo di affermare “avete visto? Io esistevo!”.

Il mondo social e i media, d’altro canto, non fanno altro che spettacolarizzare le morti e, affrontando in maniera superficiale il suicidio di un ragazzo che ha giocato alla Blue Whale, fanno breccia nella fragilissima sensibilità degli adolescenti, spingendoli a credere che, l’unica via possibile di affermazione del se’, sia compiere un gesto che tutti possano guardare.

Il mondo degli adolescenti non è criptico, ma vivendo in una fase di passaggio piuttosto burrascosa, se vogliamo mortifera perché devono simbolicamente uccidere il bambino per far nascere l’adulto, si trovano a vivere ansie ed angosce che fanno parte del ciclo di vita. Quando però, questa naturale sfida evolutiva diventa troppo difficile, e anche gli educatori adulti fanno fatica a relazionarsi con questo nuovo Essere misterioso, subire la “fascinazione” dell’omologazione è quasi un passaggio obbligato.

Fa specie pensare che l’adolescente debba riuscire da solo a cogliere l’essenza dell’essere uomo, non come qualcosa che rimane per sempre, ma come colui che, di passaggio, ne lascia comunque traccia. È la società adulta che, ironizzando, ha espropriato la morte del tabù e degli scenari ideologici, religiosi e mitici che le erano propri, rendendola talmente tanto accessibile e quotidiana, che il nostro ruolo è divenuto quello di “contabili di decessi” e inermi spettatori.

Credo fermamente che, il vero tabù dell’educazione di oggi, sia quello di parlare della morte, ricollocandola e ridandole la giusta centralità dimensionale, perché il morire non continui ad essere concepito come una macabra affermazione del senso della vita, ma come un momento che va rispettato in tutta la sua sacralità.

Siamo riusciti ad erigere una società che si basa sulla potenza di gesti umani violenti, quale unica modalità per comunicare, inscrivendo il male di vivere nelle nostre abitudini quotidiane. Immobili ed inermi, autorizziamo che la morte, gli assassini e i suicidi entrino e la facciano da padroni nelle nostre case. I nostri ragazzi, fragili e scricchiolanti, privati così di radici autentiche, giungono, inconsciamente, alla conclusione che tutto è male e se tutto è male, forse l’unico modo per avere il bene, è nel veder morire e nel dare la morte.

La società adulta deve sentirsi colpevole perché ha depauperato i ragazzi e le ragazze di sogni, speranze, della voglia di ribellarsi e di contestare, incitandoli all’omologazione acritica ed all’appiattimento del senso della vita, in cui diversità e sconfitte non devono essere percepite come segni di inadeguatezza, ma come parti di un bricolage, necessari, affinchè si possa strutturare un individuo ed un adulto sano.

La ricerca della messa in scena della morte, come quel ragazzo che si reca sui binari mentre il treno sta per arrivare, non sono altro che tragici racconti di ciò che ha creato l’organizzazione sociale. La Blue Whale attecchisce perché trova terreno fertile nei ragazzi che sono già abituati alle rappresentazioni  violente, e vivere esperienze che li porta a superare i propri limiti e confini li avvince, scatenando energie e pulsioni insospettate.

Emergenza, così la chiamiamo…. Nel dizionario emergenza viene definita come circostanza imprevista, ma credo davvero che la Blue Whale, il cyberbullismo e tanti altri fenomeni che catturano l’attenzione dei nostri giovani, non siano altro che la tentacolare rappresentazione di tutto ciò a cui li abbiamo mal – educati, privandoli di quegli spazi e di quei luoghi, in grado di poter dare a quei “frammenti di vita”, senso, originalità e dimensioni identitarie.

Aiutiamoli a crescere perché la potenza dei gesti umani, in questo mondo, ha ancora un grandissimo valore.

 

A cura di Giuseppina Filieri – Vicepresidente Fondazione Asso.Safe

Solo la coordinazione tra mezzi e uomini può limitare i danni in caso di incendio | Corso Addetto Antincendio Bergamo

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Solo la coordinazione tra mezzi e uomini può limitare i danni in caso di incendio

Corso Addetto Antincendio Bergamo

Nel corso degli ultimi 20 anni le opere relative all’incremento dei livelli di sicurezza antincendio hanno avuto, nel nostro paese, un netto miglioramento, grazie alla maggior conoscenza diffusa, alle procedure più dedicate alla dimostrazione delle prestazioni e, più recentemente, all’entrata in vigore del DPR 151.

La gestione della sicurezza in genere e della sicurezza antincendio in particolare dovrà adesso assumere importanza via via maggiore, con il crescere la consapevolezza, negli operatori, della sua funzione essenziale per il conseguimento di un accettabile livello di sicurezza.

Negli anni scorsi un’intensa attività è stata dedicata, da tutti gli operatori, al miglioramento del processo di realizzazione di quelle che possiamo definire come “le opere” finalizzate al conseguimento di un certo livello di sicurezza antincendio di un insediamento. Con il termine opere intendiamo le realizzazioni umane in generale e quindi esse includono le strutture, le finiture, gli elementi di separazione e compartimentazione, ma anche gli impianti ed i sistemi di controllo ed informazione in genere, aventi finalità di miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio. Non esistono più realizzazioni in questo campo che non siano svolte “in osservanza” ad una normativa tecnica riconosciuta (nazionale, europea od internazionale che sia), non si pone il problema della messa in opera di una struttura o di un impianto “ad muzzum” come prima accadeva, e soprattutto le opere sono tutte corredate di documentazioni e certificazioni di rispondenza o conformità la cui diffusione è ormai generalizzata.

Certo si dirà, questo è vero in un mondo ideale, perché ancora oggi in tanti casi la ricerca della “famigerata documentazione“ per la presentazione della SCIA, ad esempio, può rappresentare per molti professionisti del settore antincendio un percorso lungo ed irto di ostacoli. Ma quello che si vuole dire è che la consapevolezza della necessità di aderenza ad una norma tecnica riconosciuta nella realizzazione e la necessità di documentare e certificare quello che si realizza è ormai condivisa, sebbene poi ci siano quelli che non lo fanno, pensando così di essere più “bravi” degli altri, come purtroppo accade sin troppo spesso per il rispetto delle regole nel nostro paese.

Anche a livello di controllo, le nostre istituzioni rappresentate in questo campo dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, hanno fatto dei notevoli passi avanti e la verifica delle opere tramite la verifica delle documentazioni ad esse relative, è diventata più efficace e puntuale, ponendo sempre più quelli “bravi” di cui si diceva prima, nella condizione di doversi ricredere circa la loro presunta bravura.

Quello che vogliamo dire è che, se pure con tutti i difetti  propri della nostra realtà tecnica e professionale, la situazione in materia di realizzazioni finalizzate al miglioramento della sicurezza antincendio ha fatto passi avanti notevoli e si sono poste le basi per un miglioramento continuo della qualità delle realizzazioni man mano che la consapevolezza e la preparazione degli operatori migliorerà.

Vorremmo poter dire che la stessa consapevolezza sul fatto  che la sicurezza contro l’incendio e contro i maggiori eventi catastrofali in genere si gioca soprattutto sulle modalità di gestione si sia diffusa analogamente fra gli operatori e fra le autorità che di questo si occupano, ma penso che quest’affermazione sia meno sostenibile al momento.

Dovrebbe esistere, soprattutto negli utenti, la consapevolezza che gli incendi che producono i danni maggiori sono quelli che si verificano in concomitanza con tutta una serie di condizioni sfavorevoli, che non solo non contribuiscono a ridurre la possibilità che l’incendio si verifichi, ma soprattutto impediscono ai sistemi predisposti per il suo controllo di operare correttamente, trasformando un evento che potrebbe risolversi in un successo dei sistemi antincendio e delle squadre di emergenza in un evento a grande impatto catastrofico.

Gli esempi che si registrano ormai sempre più frequentemente di grandi calamità naturali dovute a eventi atmosferici sempre più estremi insegnano come solo un’attenta attività di monitoraggio delle condizioni “al contorno” possa aiutare a ridurre le conseguenze di eventi che non è nelle nostre facoltà evitare in alcun modo.

La ratio di questa impostazione richiede uno sforzo che potremmo definire “culturale” nel nostro paese, con l’affermazione che non è tanto o solo l’incendio che si deve prevenire, ma sono soprattutto i sistemi e l’organizzazione in grado di contrastarne lo sviluppo e la propagazione che devono essere efficienti ed efficaci in modo da far sì che l’eventuale incendio, quand’anche si verifichi, possa essere controllato e ridotto nelle sue conseguenze ad un livello accettabile per l’attività in esame.

È questa un’impostazione che difficilmente riesce a fare breccia nelle nostre consuetudini sempre interessate  a ricercare soprattutto le cause che hanno dato luogo all’evento, anche con grande dispendio di energie, invece che ricercare i motivi per cui quell’evento, per il controllo del quale erano con ogni probabilità, stati predisposti grandi mezzi di contenimento e controllo, ha potuto svilupparsi senza essere né limitato né controllato.

Nella nostra cultura la ricerca delle cause serve a dare motivazione all’accaduto, il cui mancato controllo è, come  dire, “…una cosa che succede!”; nella cultura tipicamente calvinista delle società anglosassoni l’incendio che avviene fa semplicemente quello che si suppone che faccia; devono essere i sistemi di controllo che devono operare correttamente! È come dire che noi cerchiamo l’impianto elettrico guasto o la cicca di sigaretta dell’anonimo passante quando analizziamo un incendio avvenuto, gli anglosassoni cercano soprattutto il progettista dell’impianto sprinkler, ove presente, o il costruttore del muro tagliafuoco, per capire se c’era qualcosa di sbagliato nei sistemi di controllo che non hanno fatto il loro dovere.

Le misure preventive a livello di organizzazione.

La prevenzione incendi, e la prevenzione dei danni in genere, è sempre fatta da misure preventive, atte ad evitare l’evento, e misure protettive, atte a contenerne gli effetti. Sulle misure di protezione ha tradizionalmente fatto la parte del leone l’impiantistica e le modalità di costruzione, con installazione di impianti di rilevazione ed allarme e di lotta  contro l’incendio e con la costruzione di strutture di sostanziale resistenza in caso d’incendio.

Ben presto però si è potuto constatare che anche le misure di protezione più sofisticate richiedono un notevole sforzo organizzativo, perché possano sortire il loro effetto di controllo; le misure organizzative vanno infatti dalla immediata gestione dei sistemi di controllo, nel momento in cui essi devono entrare in funzione, alla preventiva manutenzione e verifica dei sistemi stessi nelle fasi in cui non devono operare. La questione della disponibilità dei sistemi antincendio e dei sistemi di sicurezza in genere, è stata più volte trattata, quando si parla di manutenzione dei sistemi di sicurezza, ed è il mantenimento della disponibilità a valori il più possibile prossimi all’unità che viene richiesto per gran parte di essi.

Ma non si deve pensare che l’installazione di misure di protezione attive e passive a regola d’arte e la loro regolare manutenzione siano tutto quanto richiesto per la massimizzazione della probabilità che i suddetti sistemi operino bene in caso di evento accidentale dannoso.

Vi è poi anche una gestione “quotidiana” dell’organizzazione, che deve essere tenuta in conto, con una serie di variabili anche minori, ma che possono avere comunque un grande effetto, che devono essere monitorate per avere la massima prestazione attesa dai sistemi di sicurezza. E vi è soprattutto  la gestione dei sistemi in emergenza che ne può esaltare le prestazioni, se corretta, o vanificarne la funzione se sbagliata o intempestiva.

E si badi, qui non si parla di squadre di emergenza attrezzate per la lotta contro l’incendio anche nelle condizioni più difficili; la squadra di emergenza numerosa ed in grado di intervenire su un effettivo incendio oltre le primissime  fasi è un tipo di organizzazione che solo alcune realtà di grandi dimensioni e complessità si possono permettere. No, noi qui parliamo dell’organizzazione minima che qualsiasi insediamento deve predisporre, specie in tutti quei casi in cui si ha presenza di pubblico, come negli alberghi, nei luoghi espositivi, nei locali di spettacolo, nei negozi e nei grandi magazzini in genere, ecc…

Si tratta di un’organizzazione minima che deve saper fare  due cose essenziali:

  • Guidare i presenti verso le uscite, assistendo chi ne avesse eventualmente bisogno;
  • Governare i sistemi di sicurezza presenti fino all’arrivo e durante l’azione dei vigili del fuoco professionali che intervengono, nell’arco di pochi minuti all’evento.

Guidare i presenti verso le uscite rimane certamente la funzione più importante, perché deve svolgersi nei primissimi minuti, e quindi spesso ben prima dell’arrivo dei VVF. È infatti risaputo che le persone presenti in un’attività generica in veste di “persone sveglie non a conoscenza dei luoghi” o peggio ancora di “persone che possono dormire, non a conoscenza dei luoghi” come abbiamo imparato a classificare le persone secondo il Codice di Prevenzione Incendi, non si avviano verso le uscite di emergenza a meno di essere così istruite dal personale allo scopo formato – almeno fino a che le condizioni di sicurezza non precipitano… ma a quel punto è probabilmente troppo tardi! E    quindi il primo e più importante organismo di emergenza da costituire e formare è la squadra di assistenza all’esodo degli occupanti, tarata ovviamente sulle caratteristiche dell’insediamento e della tipologia di persone ivi presenti.

La gestione dei sistemi di sicurezza potrebbe essere considerata di minore importanza, e forse lo è in quanto ha a che fare con la salvaguardia principalmente dell’insediamento stesso più che delle persone presenti. Ma la funzione è importante in ogni caso e deve essere predisposta per tempo perché altrimenti anche l’intervento dei VVF professionali non potrà essere così efficace come potrebbe. Si intende per gestione dei sistemi di sicurezza tutto quello che va dal momento in cui si attiva un allarme, al momento in cui l’emergenza è dichiarata finita! E comprende il funzionamento dei sistemi antincendio in genere, la conoscenza dei sistemi di interblocco e sgancio eventualmente presenti (sgancio energia, blocco ventilazioni, ecc…), l’avvio di eventuali sistemi  accessori di sicurezza quali i sistemi di ventilazione meccanica dei fumi, l’apertura o meno di eventuali sistemi di evacuazione di fumo in maniera manuale, od anche solo l’apertura o chiusura di porte e finestre, ove necessario, la conoscenza dei luoghi che trasforma la quadra di emergenza negli “occhi” dei pompieri, che a quel punto si possono muovere molto più celermente e con sicurezza nell’insediamento, ottenendo risultati ben migliori, ecc…

È chiaro che le suddette attività sono importanti, ma dovrebbe essere altrettanto chiaro che esse non possono essere avviate all’occorrenza, ma devono essere organizzate e costantemente condotte e verificate per poter sperare che siano efficaci nel momento, per fortuna raro del bisogno! Se no facciamo come quel signore che, alla domanda sul perché lui non metteva la cintura di sicurezza in macchina, rispose che l’avrebbe messa subito, in caso di necessità!

A cura di Luciano Nigro – Presidente di Eurofen