Diritto d’accesso di un lavoratore al DVR | Documento Valutazione Rischi Bergamo

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Diritto d’accesso di un lavoratore al DVR

Commento alla pronuncia T.A.R. Abruzzo, Sez. 1, 12 luglio 2012, n. 467

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Il ricorrente, lavoratore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise di Teramo, ha presentato alla predetta amministrazione istanza di accesso alla documentazione inerente il processo di verifica della valutazione del rischio amianto sul luogo di lavoro. La richiesta è stata mossa dal ricorrente, che, dopo aver osservato lo stato di degrado della copertura in amianto della struttura del luogo di lavoro, ha sottolineato che in caso di pioggia lo scioglimento della matrice cementizia avrebbe comportato il fluire delle fibre d’amianto all’interno dei manufatti. L’istanza è stata respinta dalla predetta amministrazione, ai sensi dell’art. 24[1] Legge n. 241 del 1990, inerente il procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti amministrativi. Il ricorrente ha chiamato dunque in giudizio -avanti il Giudice Amministrativo- l’Istituto, nella figura del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, eccependo il diniego di accesso agli atti amministrativi relativi alla valutazione del rischio amianto sul luogo di lavoro.

Il T.A.R., in composizione collegiale, ha accolto la domanda.

Il ricorso in esame verte principalmente sui precetti di cui all’art. 22[2] Legge n. 241 del 1990, in materia di trasparenza e accesso ai documenti amministrativi. Ha sostenuto la difesa del ricorrente che detta normativa troverebbe applicazione al caso di specie nonostante specifica legislazione giuslavorista (D. Lgs. n. 81 del 2008: “Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro”) riservi al solo Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) il diritto a visionare le informazioni contenute all’interno del documento di valutazione dei rischi (DVR).

Controparte ex adverso ha riportato in sua difesa i contenuti di cui all’art. 50[3] comma 1, lettera e) e comma 4 D. Lgs. 81/2008, secondo i quali il RSPP “riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative (…)” nonchè “Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l’espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all’art. 17 comma 1 lettera a)”.

In base a quanto disciplinato dalla nota n. 52/2008 del Ministero del Lavoro, la PA ha inoltre sostenuto che il solo RLS ha possibilità di visione del DVR mediante consegna su supporto informatico, utilizzabile però su apposito terminale presso la sede dell’Istituto[4]. Si badi che la nota ministeriale è scaturita da un Interpello promosso dall’associazione dei datori di lavoro con il quale l’amministrazione ha affermato che, non essendo prevista alcuna formalità per la consegna del documento, è ammissibile la consegna dello stesso su supporto informatico, anche se utilizzabile solo su terminale video messo a disposizione all’interno dei locali aziendali.

Sulla scorta dell’art. 22 Legge n. 241 del 1990, il T.A.R., con la pronuncia in esame, ha inteso rafforzare il principio di trasparenza della PA dall’accezione stessa di tale concetto, ripreso dal legislatore pure con l’art. 11[5] D. Lgs. n. 150 del 2009, secondo cui la trasparenza va “intesa come accessibilità totale (…) dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti”. Trasparenza quindi come livello essenziale delle prestazioni pubblicistiche, da intendere quale accessibilità totale ad informazioni dell’organizzazione amministrativa, che nel dettaglio concernono dati sulla salubrità e adeguatezza del luogo di lavoro. Il T.A.R. ha ritenuto che tali caratteristiche afferiscano altresì all’art. 2087 Codice Civile, secondo cui il datore di lavoro ha l’obbligo “di attenersi al principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile” sul luogo di lavoro.

Il T.A.R. ha sostenuto quindi che il principio di specialità invocato dalla PA, ovvero l’applicazione della legislazione giuslavorista di cui al D. Lgs. 81/2008, non sussista. Trattandosi di rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, al ricorrente spetta l’accesso ai dati richiesti ex art. 23[6] Legge n. 241 del 1990 in materia di diritto di accesso verso le PA.

In particolare, il ricorrente ha mosso istanza di accesso per la conoscenza dei dati contenuti nel documento di valutazione dei rischi relativi l’insalubrità ambientale e il rischio contaminazione per la presenza di fibre d’amianto in copertura, e non di accesso all’intero DVR. Tali dati, ha sottolineato il T.A.R., possono essere estrapolati dal documento e devono essere resi noti ai lavoratori che ne facciano richiesta, non solo dipendenti di una PA ma anche dipendenti di un ente privato, quale diritto a conoscere il grado di sicurezza dell’ambiente di lavoro. Sebbene il legislatore, con il combinato disposto di cui agli artt. 4 e 5 D. Lgs. 6 febbraio 2007 (attuazione della direttiva 2004/14/CE), imponga al rappresentante dei lavoratori il riserbo verso informazioni segrete riferitegli dal datore di lavoro, il Giudice Amministrativo, nel caso in esame, ha ritenuto le informazioni relative alla salubrità e sicurezza dell’ambiente di lavoro escluse dal campo di segretezza. Tale esegesi è in linea con i principi di tutela della salute e della dignità del cittadino in quanto lavoratore, tutelati dalla Carta Costituzionale a mezzo dell’art. 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori”.

Trattandosi di informazioni relative alla salubrità e sicurezza ambientale, il T.A.R. ha reputato la richiesta del ricorrente meritevole di accoglimento in applicazione della disciplina del diritto ambientale di cui al D. Lgs. n. 195 del 2005 per cui tali dati sono accessibili a tutti coloro ne facciano richiesta: in particolare “lo stato dell’ambiente[7]” viene inteso quale il luogo di lavoro, nel quale il dipendente ha osservato il degrado della copertura della struttura, dovuto a “fattori quali sostanze (…) ed altri rilasci nell’ambiente che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente[8]” e compromettere “lo stato della salute e della sicurezza umana[9]” in relazione alle possibili filtrazioni delle fibre d’amianto nei manufatti, per lo scioglimento della matrice cementizia dovute alla pioggia.

Il ricorrente, secondo la pronuncia in commento, ha dunque diritto di avere accesso all’informazione ambientale che concerne “le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi[10]”, ovvero a conoscere lo stato di insalubrità ambientale del luogo di lavoro, espressa dalla valutazione del rischio amianto riportata nel DVR.

Alla luce di quanto esposto, il Giudice Amministrativo ha evidenziato che il rapporto contrattuale che lega il datore di lavoro e il ricorrente va a rafforzare la legittimazione dell’istanza mossa dal lavoratore: essendo i dati ambientali accessibili a chiunque ne faccia richiesta, anche senza dichiarazione esplicita del motivo d’interesse, ancor più legittima è l’istanza del lavoratore che, avendo anche motivato l’istanza di accesso, presta il proprio operato presso il luogo di lavoro a rischio contaminazione.

Il T.A.R. quindi, in accoglimento al ricorso, ha disposto l’annullamento dell’illegittimo diniego, condannando l’amministrazione a consentire l’accesso alla documentazione relativa al rischio amianto sul luogo di lavoro del ricorrente.

L’accesso ai documenti amministrativi, e nel caso particolare, al documento di valutazione dei rischi, è stato argomento di dibattito con l’emanazione del D. Lgs. 106/2009, che ha introdotto nuove regole di accesso ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Tale disciplina è stata applicata a numerosi procedimenti giudiziari, vista la diffusa opposizione delle imprese alla consegna del materiale di tale documento ai RLS. La giurisprudenza si è spesso pronunciata sulla questione, ritenendo illegittimo il rifiuto di consegna del documento di valutazione dei rischi (Tribunale di Pisa, 7 marzo 2003: “È, pertanto, da ritenersi antisindacale la condotta del datore di lavoro che abbia omesso, nonostante le reiterate richieste da parte del rappresentante per la sicurezza, di fornirgli i documenti e le informazioni riguardanti il piano per la sicurezza, la valutazione dei rischi, il parere del medico competente ed ogni altra comunicazione relativa ai provvedimenti che il datore intendeva adottare ai fini dell’adeguamento dei locali di servizio”). In tal modo si è affermato il pieno diritto al RLS ad avere copia del DVR, rigettando la tesi difensiva del datore di lavoro circa la presunta violazione, in caso di consegna del documento, del segreto aziendale (Tribunale di Brescia, 18 ottobre 2006; Corte d’Appello di Brescia, 27 settembre 2007, n. 414).

Il T.A.R. Sicilia (13 maggio 2003, n. 799) ha inoltre affermato, con riferimento alla pubblica amministrazione, che non solo i RLS ma tutti i dipendenti hanno diritto di ricevere copia del DVR in base al diritto di accesso agli atti amministrativi riconosciuto dalla Legge n. 241 del 1990, in quanto documento inerente ad interessi essenziali della persona. Tale pronuncia, in particolare, verte su caso analogo a quello in commento. I giudici amministrativi hanno difatti accolto un ricorso presentato da una docente, che si era vista rifiutare una domanda di accesso agli atti, riguardante la documentazione che viene predisposta dal dirigente scolastico per valutare i rischi.

Nonostante la riservatezza del DVR, il T.A.R. ha ritenuto che questa prescrizione non possa pregiudicare gli effetti della legge sulla trasparenza amministrativa, che dispone la facoltà di accedere agli atti amministrativi da parte di tutti i soggetti portatori di interesse giuridico qualificato, quale il lavoratore in servizio nell’unità produttiva a cui si riferisce il documento.

La sentenza in commento trova un precedente conforme nella pronuncia del T.A.R. Sicilia 13 maggio 2003, n. 799, secondo la quale tutti i dipendenti, e non solo i RLS, hanno diritto di ricevere copia del DVR in base al diritto di accesso agli atti amministrativi, in quanto trattasi di documento inerente interessi essenziali della persona. Recita l’art. 18[11] comma i) D. Lgs. 81/2008, che il datore di lavoro deve “informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione” a tutela della salute e sicurezza nel luoghi di lavoro. Nel momento in cui il ricorrente ha mosso l’istanza di accesso alla documentazione relativa alla valutazione del rischio amianto per evidente stato di degrado della copertura, il datore di lavoro, oltre a formalizzare il diniego di accesso, nulla ha argomentato sulla possibile esistenza del rischio, in violazione dell’art. 18 comma 3 della citata normativa, per cui il datore di lavoro ha l’obbligo di “prevedere interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare (…) la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni”. Il Giudice Amministrativo ha qualificato dunque come pienamente legittima la richiesta del lavoratore di ricevere copia del documento di valutazione dei rischi nella sola parte della valutazione del rischio amianto, con conseguente obbligo della PA di consegnare al lavoratore tutte le informazioni richieste.

L’informazione a cui il ricorrente ha chiesto accesso, correttamente qualificata dal T.A.R. quale informazione di carattere ambientale, e dunque disciplinata dalla Legge n. 241 del 1990, non può essere negata al soggetto portatore di interesse giuridico qualificato, quale è il ricorrente, essendo necessaria ad assicurare la salubrità del luogo di lavoro e la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Per questo motivo il D. Lgs. 81/2008, che prevede la consegna della copia del DVR al solo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, non è applicabile nella fattispecie in esame, in quanto la normativa sancisce, con l’art. 36[12] comma 2 lettera a), che “il datore di lavoro provvede che ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione sui rischi specifici a cui è esposto”. Inoltre, la predetta disciplina, non gode di alcun principio di specialità nei confronti della Legge n. 241/1990.

Nella prassi, difficilmente le organizzazioni dei datori di lavoro si conformano alle prescrizioni di cui all’art. 50[13] D. Lgs. 81/2008, secondo il quale il rappresentante dei lavoratori “riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative (…)” e “Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l’espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all’art. 17 comma 1 lettera a)”. Di tal guisa, Confindustria ha emanato una circolare interpretativa volta a limitare gravemente il diritto di accesso del RLS al DVR, stabilendo che la consegna debba essere limitata alla sola parte del documento relativa agli aspetti di specifico interesse evidenziati nella richiesta, e che la consultazione del documento possa avvenire solo all’interno del perimetro aziendale, con riconsegna al termine della lettura. La nota tuttavia appare inconsistente, in quanto lo stesso D. Lgs. 81/2008, relativamente all’obbligo di consegna del DVR, omette di precisare le relative modalità, con l’unica limitazione di non portare il documento al di fuori dell’azienda.

Relativamente al predetto parametro, il Tribunale di Milano, con sentenza del 29 gennaio 2010, si è pronunciato sulle modalità di consultazione del DVR, evidenziando che l’obbligo di consegna da parte del datore di lavoro e il diritto del RLS di ricevere una copia del DVR non è discutibile. Quanto alle modalità di adempimento, che secondo la volontà del legislatore può avvenire sia in forma cartacea che su supporto informatico, il Tribunale ha affermato il principio per cui, trattandosi di modalità alternative, la scelta non può che essere rimessa al RLS, che dunque avrà diritto di stabilire in quale formato ottenere copia del DVR. Difatti l’obbligo di consegna “non può essere obliterato attraverso una semplice messa a disposizione o consultazione di un documento solo su supporto informatico o su computer aziendale”. Inoltre, il datore di lavoro deve consentire la consultazione del documento “per tutto il tempo che sarà necessario, tenuto conto della eventuale complessità del documento stesso”, fermo invece il limite di consultazione del DVR all’interno dell’azienda, ex D. Lgs. 106/2009.

Può dunque ritenersi precluso il divieto di accesso agli atti nel caso in esame, se non per questioni di segreto industriale, non solo le figure principali che lo condividono, ma a tutto il SPP – Servizio Prevenzione e Protezione (art. 2[14], comma 1, lettera l, del D. Lgs. 81/2008) inteso come “insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori”.

Sarebbe auspicabile, ai fini del costante miglioramento della professionalità e della qualità della vita sul lavoro, che ogni lavoratore venisse inserito in quell’insieme di persone, mezzi e sistemi finalizzati all’attività di prevenzione, obiettivo peraltro sancito dell’art. 20[15], comma 1 del D. Lgs. 81/2008 che prevede che i lavoratori debbano “contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro” ed ancora, in caso di eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza “adoperarsi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità (…) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave o incombente”.

È fondamentale quindi che il lavoratore ricevuta formazione, informazione ed addestramento, abbia conoscenza degli argomenti esplicitati nel DVR in relazione alla valutazione dei rischi a cui risulta esposto. Basti pensare all’eventualità che lo stesso possa essere chiamato a svolgere un ruolo attivo per quanto riguarda la tutela di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

Tale concezione è in linea con quanto disciplinato dalla Legge 20 maggio 1970, n. 300, il cui art. 9[16] a fronte della quale: “I lavoratori, mediante loro rappresentanze” – RLS – “hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”.

In conclusione, la qualità della vita nell’ambiente di lavoro può essere garantita da una partecipazione equilibrata del lavoratore alle tematiche di salute e sicurezza del luogo di lavoro, e ciò non può prescindere da un atteggiamento propositivo e collaborativo, sia da parte della direzione che da quella dei dipendenti.

[1] “Esclusione dal diritto di accesso”

[2] “Definizioni e principi in materia di accesso”

[3] “Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”

[4] Caso Esselunga

[5] “Trasparenza”

[6] “Ambito di applicazione del diritto di accesso”

[7] D. Lgs. N° 195 del 2005, art. 2 lettera a), sub 1.

[8] D. Lgs. N° 195 del 2005, art. 2 lettera a), sub 2.

[9] D. Lgs. N° 195 del 2005, art. 2 lettera a), sub 6.

[10] D. Lgs. n. 195 del 2005, art. 2  lettera a), sub 3

[11] “Obblighi del datore di lavoro e del dirigente”

[12] “Informazione ai lavoratori”

[13] “Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”

[14] “Definizioni”

[15] “Obblighi dei lavoratori”

[16] “Tutela della salute e dell’integrità fisica”